L’evoluzione dei mezzi di trasporto e la globalizzazione incrementano il trasferimento delle imprese in altri Paesi e, di conseguenza, le esperienze di vita all’estero. Così, un numero sempre maggiore di italiani decide di vivere e di costruire la propria famiglia al di fuori dell’Italia.
Da qui l’accrescersi dei casi in cui le regole relative alla vita familiare devono integrarsi e coordinarsi tra un ordinamento e l’altro.
E’ quanto accade, per esempio, riguardo all’adozione: vanno aumentando le occasioni di adozione all’estero da parte di coniugi italiani, i quali poi intendono far recepire in Italia la loro nuova realtà familiare.
Quali sono i punti di riferimento legislativi cui fare riferimento?
Pietra miliare è la Convenzione dell’AJA sui casi di adozione internazionale del 29 maggio 1993 che regola la materia. Vi è poi la legge sull’adozione n. 184 del 1983, che recepisce in Italia la Convenzione internazionale.
Se una coppia italiana residente all’estero adotta un bambino nello Stato in cui si è trasferita, questa adozione è efficace in Italia?
Sì, è possibile ottenere dal giudice italiano il riconoscimento della decisione con cui lo Stato estero ha disposto l’adozione di un bambino in favore di coniugi italiani.
Chiaramente, però, dovranno essere soddisfatti determinati requisiti stabiliti dalla legge italiana sull’adozione.
Cosa richiede la legge italiana in concreto?
Per ottenere il riconoscimento in Italia del provvedimento straniero di adozione, occorre che i genitori adottivi dimostrino al giudice italiano di avere avuto per almeno due anni la residenza nel Paese estero in cui è avvenuta l’adozione. Detto periodo si calcola a ritroso dal momento della pronuncia straniera di adozione:
- potranno, dunque, vedere ratificata in Italia la loro adozione, i cittadini che abbiano avuto residenza nel Paese estero in cui è avvenuta l’adozione per i due anni precedenti.
Ma non basta. I due genitori adottivi devono altresì dimostrare di avere effettivamente soggiornato in via continuativa per un corrispondente periodo, e dunque per due anni consecutivi, nel medesimo Paese estero in cui è avvenuta l’adozione.
La questione è stata chiarita nel 2006 dalla Cassazione, la quale con la sentenza 18/03/2006 n. 6078 ha affermato che l’adozione pronunciata dalla competente autorità di un Paese straniero su richiesta di cittadini italiani può essere riconosciuta in Italia solo qualora i cittadini dimostrino non solo di avere avuto la residenza in quel Paese da almeno due anni, ma anche di avervi soggiornato continuativamente per lo stesso periodo di tempo, non essendo sufficiente allo scopo un soggiorno per un periodo inferiore, ancorché significativo.
Quale iter deve essere seguito se il requisito della residenza di almeno due anni (al momento dell’emanazione del provvedimento straniero) è stato soddisfatto?
I coniugi residenti all’estero da più di due anni, dovranno produrre presso il Tribunale dei Minorenni copia autentica del provvedimento straniero di adozione nonché il nuovo atto di nascita dell’adottato rilasciato successivamente all’adozione. Questi documenti devono essere prodotti in copia autentica, tradotti e legalizzati presso l’autorità consolare italiana.
Il Tribunale per i minorenni controlla che il provvedimento straniero sia conforme ai principi della Convenzione dell’Aja del 29 maggio 1993. Se è conforme, riconosce il provvedimento straniero ad ogni effetto in Italia e ne ordina la trascrizione nei registri dello stato civile.
Quale strada si deve intraprendere qualora non siano trascorsi (al momento dell’emanazione del provvedimento straniero) i due anni di soggiorno e contestuale residenza?
In tal caso non si potrà accedere alla procedura semplificata; non si potrà, cioè, ricorrere alle procedure del Paese di residenza e chiedere successivamente il riconoscimento in Italia del provvedimento di adozione straniera.
Sarà necessario seguire la procedura nazionale e presentare una dichiarazione di disponibilità al Tribunale per i minorenni competente per territorio e chiedere che lo stesso dichiari la loro idoneità all’adozione.
Ottenuto il decreto di idoneità, gli aspiranti genitori adottivi, dovranno conferire incarico ad un ente autorizzato dalla Commissione per le adozioni internazionali per gli adempimenti necessari. L’incarico deve essere conferito entro un anno dalla comunicazione del decreto di idoneità.
Se gli incontri si concludono con un parere positivo anche da parte delle autorità del paese straniero, l’ente trasmette gli atti e le relazioni sull’abbinamento adottando-adottanti alla Commissione per le adozioni internazionali in Italia, attestando la sussistenza dei requisiti previsti dalla Convenzione de L’Aja all’articolo 4.
Una volta ricevuta dall’ente autorizzato la documentazione sull’incontro avvenuto all’estero e sul consenso a questo prestato dai coniugi, la Commissione per le adozioni internazionali autorizza l’ingresso e la permanenza del minore adottato in Italia; il bambino entra in Italia con visto di ingresso a scopo di adozione e trascorrerà insieme alla coppia un anno in regime di “affidamento preadottivo”.
Al termine il Tribunale per i Minorenni pronuncerà l’adozione, ordinando la trascrizione del provvedimento nei registri dello stato civile.
Con la trascrizione il minore diventa definitivamente un cittadino italiano.