Sempre più persone, oggigiorno, aspirano a divenire genitori pur non essendo coniugati e ritrovandosi, anzi, nella condizione di single.
Ma, è vero che in Italia la persona singola non può adottare un bambino?
Se ne discute da tempo, e la Corte di Cassazione, anche recentemente, ha ribadito l’impossibilità di un’adozione piena, sollecitando però, indirettamente, un intervento di apertura da parte del legislatore.
Non tutte le possibilità, tuttavia, sono precluse per chi sia fortemente determinato a divenire genitore.
La strada da seguire è quella dell’adozione cd. in casi particolari cui è possibile ricorrere in casi determinati, indicati tassativamente dalla legge.
Così vi possono ricorrere i parenti di un bambino orfano di entrambi i genitori, sempreché abbiano con il minore un rapporto affettivo e di relazione significativo.
Vi è poi il caso del bambino orfano di entrambi i genitori e portatore di handicap e, ulteriore ipotesi, quella del bambino che non possa essere dato in affidamento preadottivo, che cioè non sia dichiarato in stato di abbandono, con la conseguenza che nei suoi riguardi non può farsi luogo all’adozione legittimante (quella tradizionale, per intenderci, e più conosciuta).
La legge prevede che in tutti i casi sindicati l’adozione possa essere chiesta e ottenuta anche da chi non è sposato.
Tali possibilità sono state ampliate dalla recente riforma sulla continuità affettiva, per effetto della quale oggi la persona singola può adottare un bambino orfano di entrambi i genitori anche se non ne sia parente, qualora abbia con il minore un rapporto stabile e duraturo. Il caso è quello del rapporto che si stabilisce tra il minore in affidamento e l’affidatario, il quale appunto può essere anche una persona singola. Ecco, dunque, che una persona non coniugata, affidataria di un bambino, potrà aspirare a divenire genitore adottivo di quel bambino; semprechè, beninteso, si tratti di un minore orfano di padre e madre e il rapporto sia stabile. Spetterà al giudice, con l’ausilio degli operatori sociali, accertare se, nel caso concreto, il rapporto possa dirsi stabile e duraturo.
È peraltro evidente che l’opzione ora illustrata non potrà essere ricercata dall’aspirante genitore al fine di precostituire una situazione che dà accesso all’esperienza adottiva.
Non si può, in altri termini, chiedere di avere in affidamento un bambino orfano per poterlo in seguito adottare.
Per altro verso, si stanno aprendo anche ulteriori possibilità per la persona singola che intenda divenire genitore adottivo; e ciò grazie all’interpretazione evolutiva della normativa di riferimento che va facendosi strada presso la giurisprudenza.
Ci riferiamo all’ipotesi di adozione in casi particolari contemplata dalla legge sull’adozione per il caso di impossibilità di affidamento preadottivo (art. 44 lett. d).
Cosa significa questa espressione?
L’affidamento preadottivo è una forma di affidamento della durata di un anno, volto a verificare la positività del rapporto tra il minore e i futuri adottanti; è dunque quella forma di affidamento che precede e prepara la successiva adozione piena.
Come tale, l’affidamento preadottivo presuppone lo stato di abbandono del minore, senza il quale non può avere luogo.
Se, dunque, manca la condizione di abbandono del minore, ricorre una situazione di impossibilità di affidamento preadottivo.
Ed è appunto a tale ipotesi che fa riferimento l’art. 44 lett. d) della legge sull’adozione.
Ebbene, cosa succede in questo caso?
La persona interessata all’adozione, anche non coniugata, può adottare il minore, sia pure con un’adozione non legittimante.
Che differenza passa tra adozione piena e adozione in casi particolari?
La differenza rispetto all’adozione piena è che nell’adozione in casi particolari, il bambino adottato non assume lo status di figlio legittimo dell’adottante, poiché non si recidono i legami di sangue con la famiglia d’origine.
Ciò nonostante, il genitore adottivo assume i medesimi doveri e dunque questa forma di adozione realizza ugualmente l’interesse del minore che ha bisogno di essere sostenuto materialmente e affettivamente.
Se una persona singola adotta un bambino all’estero, questa adozione è efficace in Italia?
Sì, è possibile ottenere dal giudice italiano il riconoscimento della decisione di uno Stato estero che ha disposto l’adozione di un bambino straniero all’estero.
Chiaramente, però, se l’adottante sia una persona singola, cioè non coniugata, l’adozione avrà efficacia come adozione in casi particolari.
Recentemente, il tribunale per i minorenni di Caltanissetta ha riconosciuto espressamente tale possibilità. Nel caso affrontato, una donna single italiana si era trasferita all’estero, nello Zambia, e qui aveva adottato un bambino.
Ritrasferitasi, quindi, in Italia, la stessa aveva domandato al giudice minorile il rilascio della dichiarazione di efficacia in Italia del provvedimento di adozione pronunciato dall’autorità giudiziaria dello Stato africano.
Il tribunale siciliano ha dichiarato efficace la sentenza di adozione poiché era risultato che nei due anni trascorsi si era instaurato tra la donna e il bambino un consolidato e significativo legame genitoriale dal punto di vista affettivo, educativo e di accudimento e crescita del minore.
Al contempo, però, quell’adozione perfezionatasi all’estero non poteva essere ratificata in Italia come adozione piena, poiché la madre adottiva non era coniugata: veniva pertanto approvata come adozione in casi particolari, con effetti comunque assimilabili nella sostanza a quelli dell’adozione legittimante.
Come fare per adottare da single?
La persona singola può dunque divenire genitore adottivo, ma a certe condizioni, come sopra illustrato.
Una modalità può essere appunto quella di ottenere un’adozione in uno Stato estero domandando quindi il riconoscimento in Italia dell’efficacia di quell’adozione. La legge italiana consente questo, nel rispetto dei principi vigenti nel nostro ordinamento.
Pertanto, il riconoscimento in Italia dell’adozione ottenuta all’estero potrà essere pronunciato nella forma di adozione in casi particolari.
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