In caso di separazione e di divorzio il coniuge più debole economicamente può avere diritto ad un assegno di mantenimento in presenza di determinate condizioni. Detto assegno va tenuto distinto dall’eventuale contributo al mantenimento dei figli, che si basa su presupposti diversi.
Esiste una differenza sostanziale tra assegno di mantenimento e assegno di divorzio, essendo diverso il momento in cui l’uno e l’altro possono essere richiesti, e soprattutto essendo diverse la funzione dei due assegni.
La separazione, infatti, tende a conservare gli effetti propri del matrimonio compatibili con essa, e ciò in quanto con la separazione il vincolo coniugale non viene meno, ma rimane sospeso. Di conseguenza, la legge vuole preservare la continuità della condizione economica precedente.
Ecco, allora, che nella separazione l’ assegno di mantenimento ha la funzione di conservare al coniuge richiedente un tenore di vita corrispondente a quello della vita matrimoniale.
In pratica, se il marito – per esempio – ha un reddito di 50.000,00 euro/annui mentre la moglie percepisce un reddito più modesto, di soli 10.000,00 euro all’anno, avendo ridotto l’orario di lavoro per poter occuparsi dei figli piccoli, è molto probabile che il giudice riconosca in favore di questa un assegno di mantenimento.
Se, d’altra parte, il coniuge richiedente fonda la domanda di mantenimento sulla propria condizione di non occupazione lavorativa, ma venga accertato che questi ha volontariamente scelto di non lavorare o di licenziarsi, o comunque di non cercare un’alternativa occupazionale, il diritto all’assegno dovrà tendenzialmente essere negato.
In ogni caso, per ottenere il riconoscimento di un assegno di mantenimento, è necessario che al coniuge che lo richiede non venga addebitata la separazione. La pronuncia di addebito, infatti, fa venir meno il diritto.
L’assegno divorzile, invece, si collega allo scioglimento del vincolo matrimoniale, il quale comporta il venir meno di tutti gli effetti propri del matrimonio. Rimane, tuttavia, un vincolo di solidarietà di natura assistenziale, volto cioè a sostenere il coniuge che non abbia mezzi economici idonei ad assicurargli un tenore di vita tendenzialmente equiparabile a quello precedente.
Per ottenere l’assegno di divorzio è necessario, dunque, che il coniuge che ne fa richiesta si trovi privo di risorse reddituali e/o patrimoniali in grado di assicurargli un tenore di vita tendenzialmente accostabile a quello della vita matrimoniale, e che non sia in grado di procurarsele.
Non basta, dunque, che risulti una disparità economica tra i due ex coniugi, ma è necessario accertare che il coniuge che fa domanda di assegno divorzile non sia in grado oggettivamente di assicurarsi il tenore di vita precedente.
Varietà di situazioni
L’assegno di mantenimento e l’assegno di divorzio possono essere concordati tra i coniugi, con l’ausilio dei rispettivi avvocati. In mancanza di accordo, sarà il giudice a decidere la spettanza e l’ammontare sulla base dei criteri stabiliti dalla legge.
Più d’uno sono i fattori che incidono sulla quantificazione.
Così, influisce sull’ammontare il reddito di entrambi, e il patrimonio, cioè l’insieme dei beni mobili e immobili posseduti, ma anche la capacità di lavoro e le potenzialità di carriera e, altresì la regolamentazione dell’ affidamento dei figli cui si collega l’assegnazione della casa familiare.
In caso di “separazione di fatto” non sorge il diritto dell’assegno di mantenimento, dato che questa non è un atto ufficiale, e resta irrilevante per l’ordinamento. In pratica, due coniugi che si separano di fatto, cioè non dormendo più sotto lo stesso tetto, rimangono coniugi a tutti gli effetti e dunque non si produce alcun cambiamento rilevante per la legge.
Se, però, un coniuge abbandona il nucleo familiare, prima di chiedere la separazione e senza contribuire al mantenimento della famiglia, può incorrere in sanzioni.
L’ammontare dell’assegno di mantenimento o di divorzio non è immutabile nel tempo ma può essere sottoposto a revisione – in aumento o in diminuzione – in qualsiasi momento, a condizione che siano intervenute modificazioni nella condizione economica del beneficiario o dell’obbligato.
Il beneficiario perde il diritto all’assegno di divorzio in caso di nuovo matrimonio.
La convivenza stabile con un’altra persona (cd. convivenza more uxorio) non fa invece venir meno automaticamente il diritto all’assegno divorzile; a tal fine occorre la verifica che essa abbia comportato un miglioramento significativo e perdurante della condizione economica dell’ex coniuge beneficiario dell’assegno.
Modalità di corresponsione dell’assegno
L’assegno di mantenimento e quello di divorzio possono essere corrisposti a cadenza periodica (generalmente mensile) o in unica soluzione.
Soltanto nel divorzio, tuttavia, la liquidazione una tantum produce l’effetto di definire una volta per tutte e in modo irreversibile i rapporti economici tra i coniugi. In tal caso, infatti, ogni futura pretesa economica dell’ ex coniuge che ha accettato e ricevuto la liquidazione unica verso l’altro è definitivamente improponibile.
La delicatezza e la varietà delle situazioni richiede un’analisi attenta ed approfondita di ogni singolo caso. Per questo motivo è molto importante affidarsi ad avvocati competenti in materia e di comprovata esperienza.
Purtroppo, da più parti, si tenta di banalizzare questo settore del diritto, che, invece, è del tutto peculiare e richiede un approccio qualificato nella gestione.
Come richiedere l’assegno di mantenimento o di divorzio
La modalità da preferire è quella del raggiungimento di un accordo tra le parti interessate. L’accordo, infatti, generalmente preceduto da una trattativa più o meno articolata tra gli avvocati, aiuta a ristabilire tra le parti un clima più sereno, e richiede un minor dispendio di tempo e di risorse.
L’accordo, infatti, una volta raggiunto, viene sottoposto al vaglio del giudice per la ratifica, e normalmente il giudizio relativo si conclude in una sola udienza.
Qualora l’accordo non venga raggiunto, è inevitabile rimettere al giudice la decisione riguardo alla spettanza e all’ammontare dell’assegno, e il giudice sarà chiamato a svolgere un’istruttoria per raccogliere tutti gli elementi necessari per una valutazione corretta e una decisione equa.
Logicamente, l’istruttoria del giudice prende avvio dalla produzione ed esame delle dichiarazioni dei redditi delle parti. Nei casi di maggiore complessità ed incertezza, il giudice si avvale della polizia tributaria.
Qualunque sia la modalità prescelta o che si reputa necessaria ai fini della previsione del mantenimento per il coniuge (accordo o domanda al giudice), il primo passo è sempre costituito da una domanda stragiudiziale, formulata cioè prima e al di fuori del giudizio di separazione o di divorzio.