Un nuovo strumento a difesa della bigenitorialità

Scritto il 16 Maggio 2012 in Diritto di Famiglia

Nell’ultimo convegno organizzato da ANFI (Associazione Nazionale Familiaristi Italiani), tenutosi a Roma il 10 e 11 maggio scorsi, uno dei temi maggiormente discussi ed approfonditi è stato quello dei possibili rimedi invocabili ed esperibili per salvaguardare il rapporto tra prole e genitore “non collocatario”, quando questo viene osteggiato dal genitore “collocatario”.

Emerge, tra la giurisprudenza più evoluta sul punto, un brillante ed innovativo provvedimento della Sezione I del Tribunale di Roma (ord.za g.i. Serrao 3.5.2012).

L’elemento di spicco di detta decisione, certamente positiva e pregevole, è l’adozione, oltretutto in assenza di una domanda di parte, della misura prevista dall’art. 614 bis c.p.c.

La situazione di fatto presentatasi al vaglio del giudice romano vedeva protagonista una madre, genitore “prevalente”, che contrastava i rapporti padre-figlia ostacolando il corretto svolgimento delle modalità di affidamento, stabilite dall’ordinanza presidenziale all’interno del procedimento di separazione. L’atteggiamento ostruzionistico della madre è stato accertato dal giudice, che ha ritenuto “significativi in tal senso […] il trasferimento residenziale della minore da Roma a Xxxx e la recente iscrizione della minore all’asilo nido senza previa consultazione con l’altro genitore” ed ha altresì constatato “la malcelata intenzione di sradicare la minore dall’ambiente paterno” nei ripetuti inviti inviati dalla madre al coniuge, anche per iscritto, ad incontrare la figlia nella loro nuova città di residenza.

L’istruttore romano, pertanto, non si è limitato ad invocare l’art. 709 ter c.p.c. ma si è spinto oltre: ha ritenuto necessario ed opportuno avvalersi della misura coattiva indiretta prevista dall’art. 614 bis c.p.c. Detta misura, sulla falsariga dell’istituto dell’ astreinte francese, ha infatti la funzione di esercitare, sul soggetto obbligato ad un facere infungibile o ad un non facere, una pressione sufficiente e necessaria al fine di determinarlo all’adempimento spontaneo della prestazione dovuta.

E’ una forma di coazione indiretta all’adempimento, in base alla quale il debitore è condannato, in via preventiva, al pagamento di una somma per ogni futura violazione od inosservanza (della prestazione cui è tenuto) di cui egli si renderà eventualmente responsabile, somma che pertanto aumenterà progressivamente man mano che la condotta inadempiente si ripeterà.

Nel caso che ci occupa, per l’appunto, la madre è stata condannata al pagamento di euro 100 per ogni mancato incontro padre-figlia imputabile al comportamento della stessa nonché per ogni occasione di mancato accompagnamento della bambina al luogo prefissato per il prelevamento da parte del padre.
 

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La pronuncia in esame ha due altrettanto pregevoli precedenti in due ordinanze del Tribunale di Firenze. La prima, dell’ 11.11.11, ha stabilito a carico della madre, in via analoga alla decisione romana, il pagamento di euro 50 per ogni volta che ella non accompagna il figlio a scuola, impedendo in detto modo che, all’uscita dall’istituto scolastico, il padre possa andarlo a prendere nelle giornate di sua spettanza.

La seconda, del 20.4.12, determina una sanzione di 10 euro, sempre a carico della madre, per ogni volta in cui ella viola l’obbligo, sancito nell’ordinanza stessa, di consentire attivamente i contatti telefonici quotidiani tra le figlie e il padre. L’originalità della pronuncia del giudice romano rispetto a quella dei colleghi fiorentini sta nell’adozione della misura ex art. 614 bis ex officio, anzichè su istanza di parte.

Il giudice ha così motivato in merito: “sebbene l’art. 614 bis c.p.c. preveda l’istanza di parte, la lettura combinata con l’art. 709 ter c.p.c. che autorizza il giudice istruttore – e quindi anche il Collegio – ad adottare ex officio tutte le misure necessarie (i cosiddetti “provvedimenti opportuni”) funzionali all’attuazione pratica dell’affidamento condiviso e, quindi, anche le misure di carattere esecutivo, consente al giudice di pronunciare detti provvedimenti anche d’ufficio”.

Si può, dunque, definire la decisione romana in argomento un intervento giurisprudenziale altamente innovativo e creativo, che sensibilmente si piega alle concrete esigenze dei figli minori, detentori del sacrosanto diritto a crescere contornati dalla presenza e dall’affetto di entrambi i genitori. Decisione illuminata, dunque, e non facilmente appuntabile, giacchè ancorata e sorretta dal riferimento normativo all’art. 709 ter c.p.c., norma preposta dal legislatore al precipuo fine di condannare e porre rimedio alle condotte ostruzionistiche del genitore “collocatario” in pregiudizio del rapporto figlio-altro genitore.

L’ordinanza in esame, come anche le precedenti dei giudici fiorentini, si inquadrano all’interno di quell’orientamento giurisprudenziale maggiormente evoluto in materia, portato avanti dai giudici più consapevoli e attenti alle gravi problematiche relazionali sottese ai procedimenti di separazione ed ai rapporti genitori-figli. Forse provvedimenti isolati; forse anticipatori e precursori di un auspicabile mutamento culturale-ideologico, che appena sei anni fa non avrebbe nemmeno visto gettare le sue basi.