Un caso di alienazione parentale deciso dal tribunale di Trento

Scritto il 18 Maggio 2010 in Dc-Rapporti tra genitori e figli

La Giustizia che funziona. Alcuni tribunali sembrano andare oltre le prassi, e spingersi in aperto contrasto con il “comune sentire giudiziario”. Scriviamo ancora sul Tribunale di Trento, che questa volta è intervenuto su un caso di PAS, di tristissima soluzione. Quando l’ Alienazione genitoriale è ormai avanzata, è purtroppo necessario intervenire drasticamente, allontanando il minore alienato dal genitore abusante, al fine di consentire la ripresa dei rapporti con il genitore “bersaglio”.

Ma quando quest’ultimo non ha rapporti da 3 anni (come nel caso in questione) con la prole, occorre una fase di transizione presso un luogo protetto, anche al fine di mantenere, riqualificandola e riportandola in bonis, la relazione con il genitore alienante. In questi casi, il vissuto narrato ai lettori di un quotidiano che ne riporta la notizia, sembra inutilmente crudele, ma non è così. A chi non conosce la materia, l’allontanamento del bambino appare come un atto odioso, nell’ignoranza dell’abuso – perchè la PAS è una forma di abuso, anche se non ancora classificato – che ha portato a quella scelta inevitabile.

 

Ma andiamo alla vicenda. Il provvedimento è stato in una scuola della città, davanti agli occhi di insegnanti, compagni e passanti. La mamma è accorsa e ne è nato un triste parapiglia con il bimbo e la donna che sono scoppiati in lacrime.
Due assistenti sociali si sono presentati alla scuola del bambino durante la ricreazione per prelevarlo e portarlo in una struttura protetta. La madre non era stata avvertita in anticipo e si è precipitata quando ha ricevuto una telefonata dalla scuola. Ha cercato di impedire il prelievo del bambino. Ne è nata una discussione in strada con la donna e l’anziana nonna del piccolo sconvolte. Il bambino, poi, è stato caricato in macchina e portato in una struttura protetta. Qui la scena è proseguita. Sono state chiamate anche due pattuglie della polizia.
La mamma del bambino ha cercato fino all’ultimo il contatto con il figlio che era chiuso dietro un cancello. Alla fine la donna è stata trascinata via a forza, con il piccolo che ha assistito a tutto. Adesso il bambino resterà nella struttura protetta e potrà vedere la madre solo alcune ore alla settimana.

Il provvedimento si inserisce in una vicenda molta travagliata iniziata con la separazione dei genitori del piccolo. La donna ha accusato il padre anche di aver molestato sessualmente il bambino. La successiva inchiesta penale, però, si è chiusa con l’a rchiviazione. Il bambino, pertanto, non vede il padre dal 2007, e questo, a parere del tribunale di Trento, potrebbe danneggiarne ulteriormente il corretto sviluppo. Altro elemento addotto nella motivazione del provvedimento consiste nel fatto che la donna non si sarebbe resa conto dei danni che il suo comportamento potrebbe provocare nel figlio e, anzi, aveva vissuto qualsiasi intervento della giustizia come una minaccia al suo assetto familiare. Il bambino è stato tenuto sotto controllo dagli assistenti sociali. Già nell’aprile 2009 la Procura aveva chiesto l’affidamento del piccolo a una struttura protetta perché la madre non sarebbe stata in grado di garantire il benessere psicofisico del bambino.
Il Tribunale dei minori, poi, ha richiesto una perizia e sulla base di questa ha adottato il provvedimento di allontanamento. Le ragioni principali si trovano nel fatto che la donna vorrebbe tanto bene al piccolo da soffocarlo. Secondo il perito «il comportamento del bambino risulta fortemente condizionato dalla madre che non riesce ad immaginarlo come un’identità separata da lei». Per i giudici, la donna «ha instaurato con il figlio un rapporto di fusione e di scarsa individuazione con la conseguenza che al bambino risulta impedito un corretto sviluppo personale attraverso un percorso di differenziazione dalla madre, con il rischio che il piccolo possa esprimere un falso sé per soddisfare i bisogni materni».

Notizia tratta da www.adiantum.it