Sentenza 30 maggio 2013 n. 13638
La Corte chiarisce la questione inerente al termine annuale di decadenza previsto dal legislatore per l’azione di disconoscimento della paternità.
Con la sentenza n. 13638 del 2013 ha infatti stabilito che tale termine decorra “dalla data di acquisizione della conoscenza dell’adulterio della moglie e non da quella di raggiunta ‘certezza’ negativa della paternità biologica”. Con tale pronuncia la Cassazione, confermando le decisioni dei due gradi precedenti, rigettava il ricorso di un uomo sulla base della sua pregressa conoscenza dell’adulterio della moglie, scoperta effettuata oltre un anno prima della proposizione dell’azione.
Nello specifico l’uomo aveva raggiunto un grado di certezza pressoché assoluto dell’adulterio della moglie in un incontro presso uno studio legale nel 2003. Successivamente a quella data, e più precisamente, nel dicembre del 2004, l’uomo otteneva la certezza “scientifica” della propria non paternità, attraverso un accertamento emodinamico.
Il ricorso, pertanto, fondava i propri motivi di gravame sulla questione della certezza della propria non paternità, sostenendo che un grado pressoché assoluto era stato raggiunto solo attraverso le analisi del sangue mentre precedentemente a quella data (e nello specifico ci si riferisce all’incontro del 2003), l’uomo aveva solo dubbi e sospetti circa la relazione della moglie.
L’uomo sosteneva altresì che, vista la recente giurisprudenza della Corte Costituzionale, si poteva ormai affermare la sostanziale attenuazione tra la distinzione fra prova dell’adulterio e prova della non paternità, potendo quindi far decorrere il termine annuale dall’acquisizione di quest’ultima.
La Corte Suprema, respingeva tutti i motivi proposti dal ricorrente, affermando che, dalle risultanze delle istruttorie condotte nei precedenti gradi, ben si evinceva che il grado di certezza pressoché assoluta circa l’adulterio fosse stato raggiunto dall’uomo già nel 2003. Durante l’incontro alla presenza di avvocati, infatti, l’uomo avrebbe ammesso di essere a conoscenza della relazione extraconiugale della moglie.
La Corte, inoltre, dopo aver confermato che i recenti interventi della Corte Costituzionale avessero segnalato una progressiva e lenta affermazione del “favor veritatis”, non si poteva dimenticare l’esigenza essenziale dell’ordinamento affinché si operasse un bilanciamento del principio con l’interesse a preservare lo status di figlio legittimo, a tutela di un “favor minoris”. Pertanto, sebbene oggi l’azione di disconoscimento possa essere proposta tanto sulla base della scoperta dell’adulterio quanto sulla presentazione di test emodinamici che accertino la non paternità del marito, il termine di decadenza rimane strettamente legato alla data di acquisizione della conoscenza dell’adulterio e non a quella relativa alla raggiunta “certezza” negativa della paternità biologica.
Spiega la Corte che “una diversa esegesi del predetto articolo 244 cod. civ., la quale differisse a tempo indeterminato l’azione di disconoscimento, facendone decorrere il termine di proponibilità dai risultati di un’indagine (stragiudiziale) cui non è dato a priori sapere se e quando i genitori possano addivenire, sacrificherebbe in misura irragionevole i valori di certezza e stabilità degli status e dei rapporti familiari”
Viene chiarito un concetto molto importante in materia familiare, affermandosi la necessità assoluta di tutelare la certezza e stabilità del nucleo familiare.
L’azione di disconoscimento, pertanto, potrà essere proposta sia dal marito che abbia le prove dell’adulterio della moglie, sia dal marito che abbia ottenuto una certezza scientifica circa la sua non paternità. Il termine, prescritto a pena di decadenza, di un anno decorrerà però dalla data di scoperta dell’adulterio (se anteriore alla scoperta mediante l’effettuazione di un test emodinamico) e questo anche qualora la certezza “negativa” assoluta intervenga in data successiva. (Federico Tufano)