Tempi di frequentazione e bigenitorialità

Scritto il 08 Febbraio 2015 in Dc-Rapporti tra genitori e figli Decisioni e Commenti Diritto di Famiglia Diritto di Famiglia

Tempi di frequentazione e bigenitorialità vanno a braccetto. Difficilmente, infatti, la prima può essere assicurata al figlio se i tempi di frequentazione presso uno dei genitori vengono ingiustificatamente ridotti.

Una verità logica, ancor prima che giuridica.

Eppure, ci sono ancora genitori che ricorrono al giudice per ottenere una limitazione dei tempi di incontro tra il bambino e l’altro genitore.

E’ quanto verificatosi a Milano, su inopinata iniziativa di una madre, che tuttavia ha ricevuto il “niet” del Tribunale.

Il Tribunale di Milano, infatti, con decreto del 14 gennaio 2015, ha stabilito che non è possibile sostenere a priori, senza alcuna prova concreta, l’incapacità del padre di occuparsi della figlia di due anni; affermando, anzi, che ”solo esercitando il ruolo genitoriale un genitore matura e affina le proprie competenze genitoriali; il fatto che, al cospetto di una bimba di due anni, un padre non sarebbe in grado di occuparsene, è una conclusione fondata su un pregiudizio che confina alla diversità (e alla mancanza di uguaglianza) il rapporto che sussiste tra i genitori”.

 

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Ebbene, a fronte della domanda della madre di limitare i tempi di frequentazione tra padre e figlia, il tribunale lombardo ha ricordato che, in regime di affidamento condiviso, il Giudice ha il compito di fissare una “cornice minima” dei tempi di permanenza del minore presso il genitore non collocatario; ma detta cornice minima “deve essere pienamente adeguata alle esigenze delle famiglia e all’interesse dei minori, poiché deve potersi consentire ai figli di trascorrere con il genitore non collocatario dei tempi adeguati e segnatamente dei fine settimana interi, e tempi infrasettimanali, garantendo una certa continuità di vita in questi periodi, nei limiti in cui ciò non interferisca con una normale organizzazione di vita domestica e consenta la conservazione dell’habitat principale dei minori presso il genitore domiciliatario”.

Dunque, la limitazione dei tempi di permanenza del minore presso il genitore è giustificata solo nel caso in cui la frequentazione rechi pregiudizio al bambino.
Ecco, finalmente, una decisione in linea con la filosofia che regge la riforma del 2006 sull’affidamento condiviso, riconoscendo l’importanza della effettività del rapporto tra ciascun genitore e figlio, poiché è dallo scambio effettivo e dalla presenza anche fisica che può essere assicurato al bambino l’attuazione del principio di bigenitorialità: continuare, cioè, anche dopo la separazione dei genitori, a ricevere da ciascuno amore, educazione, assistenza morale.

Limitare a priori la frequentazione tra genitore e figlio può essere un vero e proprio danno per quest’ultimo, poiché egli rischia di veder leso il proprio diritto a mantenere rapporti significativi e continuativi con entrambi i genitori. (F.B.)