Se un uomo separato dalla moglie e con figli nati dal matrimonio muore in un incidente stradale, la famiglia legittima, e dunque il coniuge, anche separato, e i figli avranno diritto al risarcimento del danno non patrimoniale subito per la scomparsa del congiunto.
Ma corrispondente diritto spetterà alla famiglia di fatto della vittima ?
La risposta è affermativa, così come mostra la giurisprudenza, specie dopo la decisione della Corte di Cassazione del 2011.
Nel caso deciso dalla Suorema Corte, l’uomo deceduto in un incidente stradale era separato dalla moglie, con la quale aveva mantenuto stabili rapporti di frequentazione, avendo anche figli nati dal matrimonio. Egli poi aveva una compagna con la quale aveva convissuto stabilmente, e dei figli nati da detta relazione more uxorio.
Nel contenzioso nato per l’attribuzione del risarcimento del danno derivato dalla perdita del congiunto, anche la famiglia di fatto otteneva l’indennizzo, essendo risultata la stabilità del rapporto, tale da poter essere parificata ad una famiglia legittima.
A quali condizioni è subordinato il risarcimento del danno da perdita del congiunto in favore del convivente e della famiglia di fatto ?
Il convivente potrà ottenere il giusto risarcimento del danno da perdita del congiunto a condizione che la relazione fosse stabile, tanto da potersi paragonare ad un rapporto coniugale. Nel caso deciso, così, non solo la moglie separata, ma anche la convivente ha ricevuto il risarcimento, e oltretutto, senza differenziazioni nell’ammontare liquidato.
Quanto ai figli nati dalla relazione di convivenza non si pone questione alcuna, data la pari condizione giuridica degli uni rispetto agli altri.
Ecco, dunque: allorquando taluno rimanga vittima di un illecito, che ne comporti la morte o una grave invalidazione, i familiari avranno diritto a ricevere dal responsbaile del danno un adeguato risarcimento. E tra i familiari aventi diritto va incluso anche il convivente more uxorio, ovverossia la persona che, avendo in atto una convivenza con la vittima al momento dell’evento, possa dimostrare che quella relazione era duratura e stabile.
Proprio questi sono gli aggettivi utilizzati dalla Cassazione: duratura e stabile.
Ma, quale convivenza potrà dirsi duratura e stabile? E come dimostrarlo?
È certamente questa la questione più difficile in concreto, non potendo la valutazione del carattere duraturo e stabile della relazione essere ancorata ad elementi oggettivi.
Rientrerà, pertanto, nella valutazione equitativa del giudice stabilire se quella convivenza rivesta dette caratteristiche; laddove è incontestabile, ad ogni modo, che non possa ritenersi duratura una convivenza di mesi, nè stabile una relazione fatta di periodi alternati di convivenza.
Ad ogni buon conto, nel caso deciso, la Cassazione ha dato rilievo al fatto che la convivenza era in corso da molti anni ed era stata sempr caratterizzata non soltanto da un legame affettivo, ma anche dalla gestione comune dei molteplici aspetti della vita quotidiana, con reciproco appoggio morale e materiale, nonchè, successivamente, dalla condivisione dei compiti connessi alla nascita e alla crescita dei figli.
La prova dovrà, dunque, riguardare le circostanze concrete e le modalità con cui la convivenza si è protratta, e potrà essere data con tutti i messi di prova disponibili.