Sì al risarcimento del danno da fumo

Scritto il 31 Luglio 2014 in Casi Risarcimento Danni

Sigarette e cancro: il Tribunale di Milano con sentenza dell’11.07.2014 ha pronunciato un chiaro sì al risarcimento del danno da fumo,  condannando la BAT spa  a risarcire gli eredi di un fumatore morto di cancro ai polmoni all’età di 54 anni. Decisamente rilevante l’ammontare del risarcimento, liquidato 800.000,00 euro. Il giudice, riconoscendo il nesso causale tra il consumo/assunzione di tabacco e l’evento lesivo (morte) ha precisato che la presunta conoscenza dei rischi che il fumo comporta non rende i produttori di tabacco esenti da responsabilità, in quanto esercenti attività pericolosa ex art. 2050 codice civile.

La vicenda in questione riguarda il decesso di un uomo avvenuto nel 2004, a seguito di neoplasia polmonare, conseguenza di un costante consumo di sigarette (a decorrere dal 1965); in seguito alla dipartita del loro caro, gli eredi chiedevano risarcimento danni all’amministrazione autonoma dei monopolio di stato della BAT e PH.MO.

Il Tribunale, partendo da quanto stabilito da una conosciuta sentenza della Corte di Cassazione (ndr. Cass. 26516/2009), ribadiva come l’attività di produzione e commercio di sigarette dovesse essere riposta nell’alveo di quelle attività definite (dall’art. 2050 c.c.) “pericolose”, poiché finalizzata alla vendita e successivamente all’uso da parte del consumatore di un prodotto di per sé idoneo a causare danni, anche se utilizzato in maniera “corretta” e non anomala.

Passando ora ad esaminare i presupposti che possono fondare l’azione risarcitoria, è necessario analizzare gli oneri probatori per entrambe le parti in causa (danneggiato e produttore); si tratta, cioè, di definire cosa l’una e l’altra parte dovranno provare nella causa per ottenere ragione.

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Gli eredi del danneggiato dovranno dare prova del nesso causale intercorrente tra l’assunzione del tabacco e il successivo evento lesivo di danno; e tale prova potrà essere fornita attraverso una CTU (ndr. consulenza tecnica d’ufficio) da espletarsi nel corso del giudizio.

Dall’altra parte, il produttore/distributore di sigarette dovrà, invece, dimostrare di aver messo in atto tutte le misure necessarie ed idonee ad evitare il danno; dovrà, pertanto, provare di aver fornito adeguate informazioni sulla nocività del fumo, attraverso indicazioni illustrative sui pacchetti, dimostrando così di aver messo i fumatori nelle condizioni di conoscere lo stretto rapporto che lega il consumo delle sigarette e i rischi per la salute.

Parlando dell’attività pericolosa “produzione e vendita di tabacco”, i giudici di Milano hanno evidenziato come solo a partire dal 1991 (anno in cui divenne obbligatorio informare sul pacchetto di sigarette che le stesse nuocciono gravemente alla salute) la vendita di sigarette fosse avvenuta secondo le modalità predette e, cioè, con adeguate ed esplicite informazioni circa la nocività e la letalità del fumo.

Il Tribunale di Milano, esaminata la consulenza tecnica d’ufficio disposta nel corso del procedimento, rilevava come la medesima avesse evidenziato che l’attore, dopo aver iniziato a fumare a 15 anni un pacchetto e mezzo al giorno, era morto nel 2004 a seguito di un “carcinoma primitivamente polmonare” causato dal fumo; per tali motivi, veniva ritenuto sussistente il nesso causale tra la consumazione di tabacco e lo sviluppo della patologia di neoplasia polmonare.

I giudici, pur rilevando che l’uomo aveva continuato a fumare successivamente all’entrata in vigore della legge del 1991 che prescriveva l’obbligo di informativa sui pacchetti di sigarette, riconosceva che i 26-27 anni in cui l’uomo aveva fumato prima dell’entrata in vigore della normativa predetta erano più rilevanti dei 13-14 anni del periodo successivo.

Viene, infatti, affermato che, sebbene gli studi che mettevano in correlazione il cancro ai polmoni con il tabacco a metà degli anni ’60 erano ancora agli albori, gli effetti negativi del fumo erano già conosciuti.

Per i motivi sopra esposti, il giudice, facendo riferimento alle tabelle del Tribunale di Milano, riconosceva ai prossimi congiunti il danno da perdita del rapporto parentale e da invalidità derivata al defunto.

La sentenza del Tribunale di Milano è sicuramente una pronuncia importante che potrebbe aprire un nuovo corso giurisprudenziale, dando il via a molteplici cause per il risarcimento dei danni da fumo.

Bisogna però rilevare come la giurisprudenza passata sia stata, in alcuni casi, contraria al predetto filone di pensiero: la Corte di Appello di Roma, ad esempio, con una decisione emessa nel gennaio 2012, stabiliva che la responsabilità per il cancro ai polmoni non è del produttore di sigarette, ma niente meno che del consumatore, il quale, pur consapevole dei rischi che corre, sceglierebbe coscientemente di procurarseli.

A questo punto sorge spontaneo un quesito che non è stato affrontato dalla giurisprudenza: la persona che fuma pur consapevole degli effetti dannosi che ne derivano e che, ciò nonostante, non riesca a smettere, a causa della dipendenza determinata dal consumo prolungato di tabacco, potrà invocare la responsabilità del produttore/commercializzatore delle sigarette, in ragione della impossibilità o difficoltà a liberarsi da detta dipendenza?

Per poter rispondere a questa domanda sarà necessario restare in attesa di nuovi sviluppi giurisprudenziali, primo tra tutti il prosieguo della causa che ha interessato il Tribunale di Milano, nel successivo eventuale grado d’Appello. (R.R. e F. Tufano)