Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, sez. II, sentenza 29 gennaio 2013 – Affaire Lombardo c/ Italia
L’art. 8 della CEDU, riguardante il diritto al rispetto della vita familiare non resta più solo un baluardo ipotetico e passivo per la tutela dei soggetti più deboli: devono essere approntati strumenti efficaci che rendano tale protezione effettiva e pregnante. E’ quanto sancito dalla Corte Europea pochi giorni fa, in una sentenza che si può definire storica per l’aver finalmente riconosciuto il dramma esistenziale che caratterizza alcuni genitori, impossibilitati nel vedere i propri figli per le decisioni dell’altro coniuge o compagno.
La Corte Europea ha accolto il ricorso di un padre che lamentava la violazione del suo specifico diritto al rispetto della vita familiare poiché, nonostante i molteplici provvedimenti emanati dal Tribunale per i Minorenni a lui favorevoli, non ha potuto esercitare pienamente questo suo diritto a decorrere dal 2003, a seguito del comportamento ostativo della madre che non accompagnava il minore agli incontri con gli assistenti sociali. L’accusa del padre si rivolgeva, dunque, sia ai Servizi Sociali, accusati di aver agito con eccessiva autonomia nell’attuazione delle decisioni del giudice, sia allo stesso Tribunale per non aver esercitato quel controllo costante, a cui era tenuto, al fine di evitare lo svilimento dei suoi provvedimenti.
La Corte ha motivato la sua decisione affermando che scopo precipuo dell’art. 8 della Convenzione è la tutela dell’individuo contro le ingerenze illecite dei poteri pubblici; quest’aspetto è solo la prescrizione negativa della norma, alla quale si aggiungono obblighi positivi per garantire il rispetto effettivo di questo diritto ad una vita privata e/o familiare. Queste prescrizioni positive giustificano (e devono giustificare) la creazione di strumenti giuridici adeguati, capaci cioè di garantire appieno i diritti degli individui, facendo rispettare le decisioni dei tribunali. L’ordinamento giuridico deve avere la capacità di riavvicinare il genitore con il figlio, anche in caso di un conflitto tra i due genitori; questa garanzia deve poi avvenire nel minor tempo possibile, perché solo la celerità nell’attuazione dei provvedimenti può, a volte, evitare gravi pregiudizi.
Nel caso in questione l’adozione di misure automatiche e stereotipate da parte del Tribunale per i Minorenni è passibile di censura e di condanna, ragioni per cui la Corte ha giudicato che vi sia stata una violazione dell’art. 8 della CEDU.
L’Italia e il suo panorama giudiziale minorile si ritrovano dunque a dover riflettere sulle basi gettate dalla Corte Europea, nella speranza di un rinnovamento che garantisca la bigenitorialità nella maniera più completa evitando, da una parte che un figlio cresca senza la possibilità di conoscere un genitore, dall’altra che un genitore (spesso il padre) sia privato del rapporto con suo figlio: diritti inviolabili e sacri alla base del diritto di famiglia. (Federico Tufano)