Un traguardo nel riconoscimento del risarcimento ai familiari; e questa volta in tema di pregiudizio patito per la poliomelite contratta dal bambino con la vaccinazione effettuata senza controlli e analisi preventive.
Con una pronuncia oculata i giudici della Suprema Corte riconoscono la sussistenza del danno – biologico, morale e patrimoniale – non solo in favore del minore, ma anche dei genitori, i quali vengono singolarmente indennizzati in rapporto alla vita di relazione e al dovere di assistenza continua e solidale al figlio poliomielitico per il resto della sua vita dolorosa.
È questo il nucleo della decisione -(Cass., sez. III, 4 maggio 2010, n. 5190) con la quale i giudici della Terza sezione Suprema hanno respinto i ricorsi della Regione e della Gestione Liquidatoria avverso la sentenza d’appello che aveva condannato l’ente territoriale in solido con la USSL a rifondere a ciascun genitore circa settantottomila euro e novecento milioni di lire al minore.
Ma ad un attento esame della sentenza non può evitarsi una considerazione: i giudici operano un riconoscimento del danno ai familiari, ma evitano accuratamente di qualificare il suddetto pregiudizio in termini di danno esistenziale, sebbene nella sostanza esso presenti innegabilmente le peculiarità di quest’ultimo!
Gli Ermellini, infatti, ammettono la sussistenza di detto pregiudizio per il peggioramento qualitativo dell’esistenza subito dai genitori, in relazione alla compromissione della propria vita relazionale, nonché al dovere di assistenza al figlio per il resto della vita. Questo è, indubbiamente, danno esistenziale.
Quanto alle doglianze dei ricorrenti, la Corte territoriale, lamentava la Regione, avrebbe provveduto a liquidare i danni, soprattutto per il minore, con il criterio equitativo puro, senza dar conto di parametri obiettivi medico-legali o tabellari, con una valutazione, pertanto, totalmente arbitraria. Ad avviso degli Ermellini, tuttavia, la censura è del tutto infondata.
I giudici d’appello hanno, infatti, espressamente considerato le tre componenti del danno: biologico (pari all’80 % di invalidità del minorenne), morale e patrimoniale (in relazione alla perdita della capacità lavorativa generica del minore), ritenendo, tuttavia, inadeguata la somma globalmente liquidata ai genitori, sulla base della sentenza 26972/08 con cui le Sezioni unite hanno ridisegnato il perimetro del pregiudizio non patrimoniale.
Conformandosi a quanto sostenuto dalla Corte territoriale, infine, i giudici di legittimità hanno escluso l’ipotesi, nel caso de quo, della tragica fatalità, accertando, al contrario, una serie di condotte negligenti e imprudenti del personale sanitario nella preparazione e somministrazione del vaccino, compiuta in maniera affrettata e illegittima da personale non abilitato.
Di conseguenza, l’ente sanitario – osserva la Suprema Corte – non solo risponde ai sensi dell’articolo 2043 c.c. per colpa grave da negligenza e imprudenza, ma anche in relazione alla qualificazione del rapporto di assistenza come contatto sociale di protezione.
L’evento non si sarebbe verificato qualora, per le condizioni fisiche del bimbo, la vaccinazione fosse stata sospesa o rinviata in relazione a più accurati approfondimenti.
Ciò integra, pertanto, la sussistenza del nesso di causalità tra la condotta umana ed il verificarsi del danno ingiusto per lesione del diritto alla salute. (S.A.)