Rifiuto delle cure palliative e risarcimento

Scritto il 22 Gennaio 2015 in Diritti della persona

Rifiuto delle cure palliative. C’è un’attenzione nuova da parte delle persone, ma anche da parte della Giustizia a questo tema che investe spesso la fase terminale della vita umana.
Va crescendo, in particolare, l’attenzione verso i diritti dei pazienti oncologici e, più in generale, delle persone afflitte da patologie gravi di varia natura, ad esito infausto, ovviamente, dei loro familiari.

 

Ma di quali diritti stiamo parlando?

La dignità, in primo luogo, che è stata definita dalla Corte Costituzionale, fin dal 2000, come valore costituzionale, vale a dire un diritto assoluto ed irrinunciabile, che tutti – e prima di tutti i medici – devono rispettare, anche nel momento finale dell’esistenza della persona.

Dignità in questo ambito vuol dire, in concreto, attribuire grande importanza al momento dell’ascolto e del dialogo, sia con il paziente sia con i suoi familiari, i quali stanno vivendo un momento così delicato e difficile della vita; vuol dire ancora attivarsi e attivare tutti i trattamenti che siano idonei a preservare il più possibile il paziente terminale dal dolore fisico e dall’angoscia. Oggi in Italia questi interventi esistono, ed esiste una legge che consacra il diritto del paziente ad avvalersene.

Il rispetto della dignità del paziente terminale si traduce, dunque, nel rispetto del suo diritto a non soffrire, vale a dire – per usare un termine ancora più preciso – il diritto ai trattamenti palliativi e alla terapia del dolore di cui alla legge n. 38 del 2010.

Già nel 1995, lo stesso Comitato Nazionale di Bioetica si espresse sull’alto valore bioetico delle cure palliative, mentre il codice deontologico dei medici prescrive comportamenti idonei ad evitare inutili sofferenze psico-fisiche al paziente in fase terminale, fornendogli i trattamenti appropriati.

Ogniqualvolta esiste un diritto, vi è anche l’altra faccia della medaglia, che è il preciso dovere, e anzi l’obbligo giuridico di qualcun altro di rispettare e attuare quel diritto. E, dunque, quando parliamo di diritti del malato terminale, questo obbligo fa capo al medico, alle strutture ospedaliere, al personale infermieristico.

 

Il diritto alle cure palliative viene rispettato oggi ?

E’ difficile dire se nella fase attuale la maggior parte delle strutture sanitarie e dei medici agisca nel rispetto del diritto del malato terminale alle cure palliative.

Certo, le notizie che si leggono qua e là non sono confortanti e vanno affiorando denunce e segnalazioni di cittadini che hanno vissuto il dramma di un loro congiunto cui non è stato consentito l’accesso ai trattamenti palliativi, e che è stato abbandonato a se stesso, in una straziante agonia.

Vi sono, infatti, medici che per incomprensibili ed anacronistiche resistenze culturali negano la somministrazione di morfina o di altri farmaci palliativi.

Eppure, il dolore fisico, con la dispnea e l’agitazione psico-motoria che spesso lo accompagnano nelle condizioni terminali non possono essere tollerati in una società evoluta. L’uomo moderno deve, incondizionatamente, poter accompagnare fino all’ultimo suo respiro chi, prima di lui, è chiamato ad abbandonare questa terra,alleggerendogli il peso della sofferenza.

Il danno causato dall’omissione delle cure palliative è un danno sia biologico sia morale per il paziente vittima dell’omissione, quasi sempre di ‘breve’ durata oggettiva ma di intensità incommensurabile.

Il danno poi non riguarda soltanto il paziente, ma anche i suoi congiunti, i quali sperimentano un inenarrabile senso di impotenza di fronte alla negazione dei trattamenti palliativi e lo smarrimento che ne consegue, con conseguenze nel loro animo e nella loro esistenza futura destinate a perdurare nel tempo.

E così, con la consapevolezza dell’esistenza di questo diritto, vanno emergendo i primi casi di azioni risarcitorie in sede civile nei confronti dei sanitari responsabili.

 

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Come far valere la responsabilità dei sanitari che hanno rifiutato cure palliative

E’, dunque, possibile – oggi – far valere la responsabilità dei medici che hanno rifiutato illegittimamente di apprestare i trattamenti palliativi o la terapia del dolore, agendo nei loro confronti e nei confronti della struttura ospedaliera per il risarcimento del danno non patrimoniale subito sia dal paziente non più in vita sia direttamente dai suoi stretti congiunti.

Con la responsabilità civile può concorrere, altresì, una responsabilità penale qualora risulti dalla cartella clinica l’omessa indicazione delle caratteristiche del dolore rilevato e della sua evoluzione nel corso del ricovero, nonché sulla tecnica antalgica e i farmaci utilizzati, i relativi dosaggi e i risultati conseguiti.

Anche in questo ambito, così come più in generale per i casi di colpa medica, occorre procedere con estrema serietà, procedendo – dapprima – alla verifica scrupolosa dei dati e affidandosi a tale scopo a professionisti competenti e scrupolosi.

Lo Studio accetta mandati di assistenza giudiziale per la domanda di risarcimento da omesso trattamento palliativo soltanto a seguito di attenta ed approfondita verifica dei presupposti legittimanti l’azione, ed avvalendosi, a tale scopo, di una competente consulenza medico-legale.