La sentenza qui di seguito riportata concerne un caso di immissioni rumorose eccedenti la soglia di tollerabilità e provenienti da un ristorante attiguo alla casa degli attori.
In appello era stato riconosciuto il risarcimento di un danno morale (quantificato in € 15.000,00 per ciascun attore) ed era stato escluso che la relativa domanda fosse da considerarsi tardiva posto che con l’atto introduttivo del giudizio gli attori avevano fatto riferimento a “tutti i danni patiti e patiendi“.
La Suprema Corte, nel cassare sul punto la decisione, ha osservato che in atto di citazione non era stato fatto alcun riferimento né al danno morale né a comportamenti in relazione ai quali potesse configurarsi detto pregiudizio quale conseguenza di un fatto illecito.
L’estensore della sentenza, quindi, ha rilevato che nel caso di specie non era configurabile il reato di cui all’art. 659 c.p., bensì un illecito amministrativo, ed ha aggiunto che gli attori non avevano lamentato la lesione di un diritto fondamentale della persona costituzionalmente garantito “non essendo tale e non potendo trovare fondamento nella previsione dell’art. 2 Cost. il diritto alla tranquillità domestica“.
E’ stata confermata, invece, la condanna al risarcimento di € 450,00 a titolo di danno biologico in quanto le immissioni avevano acutizzato la gastrite di uno degli attori.
La decisione, per ciò che concerne il danno morale, non è affatto condivisibile.
Nel caso di specie, infatti, è evidente – quantomeno – la violazione di valori protetti dagli artt. 2 e 14 della Costituzione.