C’era bisogno di una nuova decisione sulla PAS, che ridesse fiato alle trombe, che facesse sperare cioè nella volontà dei giudici di offrire risposte ad un fenomeno tanto doloroso e grave.
E infatti, nonostante l’orientamento bifronte della Corte di Cassazione, l’attenzione al fenomeno dell’alienazione genitoriale era un po’ sopito (stando alle decisioni pubblicate, perlomeno).
Una cosa è certa, comunque. Il doppio orientamento della Cassazione non ha rappresentato un deterrente rispetto ai comportamenti alienanti dei genitori malevoli.
Ma, ecco, la Corte d’Appello di Catanzaro, e ancor prima il tribunale di Cosenza hanno detto un no chiaro e forte alle condotte alienanti.
La sentenza della corte calabrese è uscita pochi giorni prima di Natale (18.12.2015).
E’ una sentenza limpida, sotto tutti i punti di vista; essa, infatti, chiarisce quali erano state le molteplici condotte del genitore alienante (in quel caso, la madre di due bambini); spiega che tali condotte avevano generato nei bambini un forte malessere, e che tutto ciò era emerso da una istruttoria fatta di accertamenti dei servizi sociali, perizia, ascolto diretto dei bambini, osservazione del contegno processuale della madre.
Particolarmente significativo il passaggio in cui viene descritto il malessere dei due bambini: “La situazione di disagio e di angoscia è ancora più evidente nel piccolo… che, in generale, tende ad uniformarsi agli atteggiamenti della sorella. Nel momento in cui è stato ascoltato dal giudice ha ammesso che il padre “un pochino, pochino, pochino gli manca” e dicendo ciò si scherniva, abbassava lo sguardo, abbozzando un sorriso. … Ha difficoltà ad esternare la sua più intima volontà di avere contatti con il padre. Il suo indugiare e le sue modalità espressive sono sintomatici di una profonda tensione ansiosa che gli impedisce di comunicare ed esplicitare il suo affetto per il padre. Inoltre i bambini non riconoscono… come papà. Questo è il dato più palese dell’allontanamento reale di….e…dalla figura paterna che , invece, deve sempre (…) costruire un punto di riferimento dei due figli“.
I giudici hanno dunque prestato molta attenzione alle reazioni dei bambini, al loro comportamento, al desiderio espresso a denti stretti e con la paura che trapelava.
Cosa conclude la Corte? Conclude che quel genitore non è in grado di gestire l’affidamento condiviso, e dunque i bambini vanno affidati all’altro (genitore alienato).
Innovativa è soprattutto la parte della decisione relativa alla collocazione dei due figli della coppia separata: per i primi sei mesi i bambini staranno in una struttura, una sorta di stanza di compensazione per riabituarsi a rapporti normali con papà; quindi, rimarranno con il padre, con diritto della madre di vederli alla presenza degli assistenti sociali: “questo tipo di collocazione è stata prevista proprio al fine di un graduale e meno traumatico possibile recupero dei rapporti tra padre e figli e, al tempo stesso, allo scopo di consentire il ripristino di un sano coinvolgimento affettivo di (…) e (…) con entrambi i genitori”.
La soluzione accolta si pone sulla linea di quelle suggerite da Gardner, lo studioso che per primo teorizzò la PAS.
Una sentenza risoluta, dunque, della quale si potrebbe forse contestare l’apparente eccessiva rigidità. Certo le soluzioni in casi del genere non sono facili; ma il ripristino di una immagine corretta del genitore alienato nei due bambini potrebbe giustificare un temporaneo allentamento dei rapporti con il genitore alienante.