Dal testo del provvedimento:
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la ricorrente è studentessa universitaria e non è tenuta a svolge attività lavorativa fine alla fine degli studi, conformemente alle abitudini pregresse, alle aspettative familiari e alla complessiva impostazione dei rapporti propri della famiglia di provenienza;
per espressa ammissione dei genitori convenuti e per loro pregressa volontà, la ricorrente è abituata a un tenore di vita medio-alto, che ha dunque il diritto di mantenere fino a quando non sia in grado di garantirselo da sola: in tal senso depongono tutte le circostanze di cui sopra, ai punti da 1. a 16.;
la ricorrente non versa in condizioni di inerzia o di colpevole incapacità di procurarsi un reddito: allo stato attuale e senza ipotecare il futuro, la vicenda in oggetto non corrisponde a quella di un figlio ormai adulto con poca voglia di lavorare e di rendersi economicamente indipendente, ma di una ventiduenne con un corso di studi regolare e come tale mai contestato dai genitori, non abituata dai genitori stessi a rendersi autosufficiente, e che ha evidentemente ancora bisogno dell’aiuto di entrambi i genitori;
in proposito, in particolare, non appare rilevante l’eventuale ritardo accumulato nell’ultimo periodo universitario, atteso che nel medesimo arco di tempo i genitori hanno iniziato a effettuare rilevanti pressioni sulla ricorrente per incidere sulla sua vita privata ed influenzarne pesantemente le scelte, che potrebbero aver inciso sulla capacità di impegno e concentrazione nello studio: il tenore delle lunghissime, severe, livorose e anche offensive missive, quali “Lettera a mia figlia” e “Figlia mia” è, infatti, di per sé solo idoneo a minare la serenità della ricorrente e, in ogni caso, indice di una più ampia, e immaginabile, situazione di stress alla quale la ricorrente può essere stata sottoposta in famiglia; sicché, allo stato non è possibile formulare un giudizio di inottemperanza colpevole della ricorrente ai suoi obblighi scolastici, essendo altrettanto verosimile l’ipotesi che l’eventuale ritardo accumulato sia stato generato, quanto meno a livello di rilevante concausa, dall’atteggiamento dei genitori
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Il testo della sentenza è tratto da giuraemilia.it