Ombre incostituzionali per la riforma della filiazione riguardo alla competenza del Tribunale per i Minorenni a decidere sul diritto dei nonni di vedere i nipoti, così come disciplinato dagli artt. 317 bis c.c. e 38 disp. att. c.c., primo comma. Così è arrivato il primo dubbio di costituzionalità di una norma, a soli tre mesi di distanza dall’entrata in vigore del D.lgs 154/2013 attuativo della Legge n. 219/2012, con la quale è stata riformata la disciplina della filiazione.
Ad ammettere la questione di legittimità costituzionale è stato il Tribunale per i Minorenni dell’Emilia Romagna (Bologna) con ordinanza 2-5 maggio 2014, nella persona del suo nuovo presidente dott. Giuseppe Spadaro, il quale, giudicando rilevante e non manifestamente infondata tale questione ha emanato un provvedimento di sospensione del processo, rimettendosi alla decisione della Corte Costituzionale circa il dubbio di legittimità sollevato.
Il fatto dal quale è scaturito il predetto provvedimento di sospensione riguarda un ricorso ex art. 317 bis (così come riformato dalla legge 219/2012 e successivo D.lgs 154/2013) presentato innanzi al Tribunale per i Minorenni dagli ascendenti paterni di una minore mentre era in corso il giudizio di separazione personale giudiziale tra il figlio e la nuora; i nonni della minore si rivolgevano al T.M. perché venisse accertato il loro diritto a mantenere rapporti assidui e significativi con la propria nipote.
Il fulcro della questione (e, a parere dello scrivente, problema di fondo della normativa di riforma) riguarda la frammentazione che è seguita alla previsione introdotta dal D.lgs 154/2013, la quale, modificando l’art. 38 disp. att. c.c., ha attribuito una competenza funzionale inderogabile del Tribunale minorile per le controversie ex art. 317 bis c.c.
E’ utile ricordare lo spirito che era sotteso alla Legge 219/2012, la quale, mirando ad unificare lo status di figlio, eliminava non solo tutte le differenze sul piano sostanziale ma andava altresì a riformare l’articolo che disciplinava le competenze tra Tribunale minorile e Tribunale Ordinario, arrivando così a concentrare in capo a quest’ultimo la trattazione di tutte le controversie in materia di minori, prevedendo un potere giurisdizionale del Giudice minorile soltanto residuale per istituti tassativamente individuati.
La Legge 219/2012, poi, conferiva una delega al Governo perché disciplinasse “la legittimazione degli ascendenti a far valere il diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti“: a questo proposito, esaminando la questione su di un piano sostanziale, nulla si può obiettare circa l’operato del Governo, in quanto lo stesso, riformulando il testo dell’art. 317 bis c.c. ha riconosciuto (finalmente) agli ascendenti un vero e proprio diritto di mantenere i rapporti con i propri nipoti.
A questo punto, però, pare sia scappata la mano o forse, semplicemente, c’è stato un eccesso di entusiasmo.
Il legislatore delegato, infatti, è intervenuto – agendo fuori dai limiti di potere conferitogli – anche sul piano processuale, aggiungendo alle competenze residuali del Giudice minorile anche i procedimenti ex art. 317 bis c.c.
Ed è proprio per questo sospetto (forse neanche troppo) eccesso di delega legislativa che il Presidente del T.M. ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 38, comma 1, disp. att. c.c., in quanto non spettava al legislatore delegato disporre anche sulla competenza di tale procedimento.
D’altronde è irragionevole ritenere che dei minori, magari già coinvolti in un procedimento di separazione molto conflittuale pendente innanzi ad un Tribunale ordinario che abbia come conseguenza l’interruzione totale o parziale della frequentazione con i nonni, debbano poi essere chiamati a giudizio anche dinnanzi ad un Tribunale per i Minorenni, dove saranno necessariamente ascoltati (come finalmente previsto dal nuovo art. 336 bis c.c.), solo in relazione al rapporto con gli ascendenti.
In questo modo, infatti, si va a frantumare la tutela processuale che dovrebbe invece essere univoca, creandosi una proliferazione dei processi che, contrariamente a tutti i principi della riforma sulla filiazione, non tiene per nulla conto dell’interesse preminente dei minori.
In attesa di scoprire quale sarà il percorso di questa questione di legittimità costituzionale, non si può far a meno di evidenziare nuovamente come questa riforma, tanto attesa, sia stata forse vittima della fretta di finire. Volendo bruciare le tappe, al grido dell’uguaglianza tra i figli (che non si può fare a meno di appoggiare pienamente), si è forse caduti in una indoratura eccessiva del testo legislativo; si sono, infatti, utilizzati grandi nomi altisonanti e grandi rivendicazioni sulla parificazione necessaria per un’Italia moderna e al passo con il resto del mondo ma poi, dal punto di vista tecnico e processuale, si è lasciato tutto o quasi in mano al Governo, con una delega sgualcita e poco chiara, soprattutto se si considera l’importanza della materia trattata. (Federico Tufano)