Non occorre essere malati per avere l’amministratore di sostegno

Scritto il 16 Aprile 2010 in Amministrazione di Sostegno DC-Finalità e destinatari

Circa l’ opportunità di intendere estensivamente, e non in senso rigidamente medicalistico, la previsione dell’art. 404 c.c. già si è detto in altre pagine (sia consentito rinviare a Cendon e Rossi, Amministrazione di sostegno. Motivi ispiratori e applicazioni pratiche, Torino, 2009, t. I, 373).

 E, sul fronte applicativo, non mancano esempi di come l’amministrazione di sostegno possa entrare in campo pure nelle situazioni in cui non sia riscontrabile uno spaesamento gestionale legato ad una patologia fisica o ad un male della mente.

 Sono solita indicare, a titolo di esempio, il decreto del g.t. di Pinerolo (di poco successivo alla riforma) e precisamente del 9 novembre 2004: in quel caso, beneficiaria dell’AdS fu una giovane analfabeta, la quale non presentava alcun deficit riconducibile al versante sanitario; eppure, a causa della condizione di isolamento ambientale in cui era stata tenuta fin da piccola, senza alcun contatto con l’esterno e senza frequentare mai la scuola, si trovava nell’impossibilità di prendersi cura di sé e delle proprie cose.

Più in generale, si pensi agli anziani della quarta età, che presentino annebbiamenti della memoria, magari a tratti, non continuativi: fino a che punto può dirsi che sia questa una condizione di non autonomia ricollegabile – guardando alla lettera dell’art. 404 c.c. – ad una infermità/menomazione fisica o psichica?

Ed ecco un recentissimo decreto del g.t. di Varese, che forse più di ogni altro (tra quelli conosciuti) vale a fugare i dubbi in merito.

Amministrando (il ricorso è stato presentato dai Servizi) è un ex-ricco divenuto povero, senza più un quattrino in tasca, disoccupato, e talmente deluso ed avvilito dalla condizione esistenziale in cui è precipitato da non essere più in grado di far fronte alla vita di ogni giorno. “Incapacità assoluta di adattamento alla nuova situazione” si potrebbe anche dire, in poche parole.

Ovvio che un bravo giudice – di fronte ad un caso del genere – si interroghi, prima di tutto, sulla applicabilità della misura di protezione invocata: ricorrono, dunque, i presupposti per nominare un ads?

La risposta è positiva e la motivazione, priva di incertezze, è la seguente: l’AdS non deve essere intesa necessariamente come una cura per una patologia; essa è piuttosto un rimedio agli ostacoli che si frappongo alla libera esplicazione della personalità. Ben detto, a mio parere.

E, ancora, viene sottolineato correttamente che la mancanza di autonomia non va intesa solo nel senso fisico-statico ma anche giuridico-dinamico , nel senso che versa in tale condizione non solo il soggetto fisicamente impedito o psicologicamente disturbato, ma anche quello che per una ragione non necessariamente psicologica non è nella condizione di assumere nel proprio interesse scelte di carattere esistenziale. Anche a questo riguardo, mi sento di concludere: “Ben detto”. E benedetto questo provvedimento chiarificatore, dato che non tutti la vedono così.

Vorrei aggiungere alcune altre considerazioni sul provvedimento in parola, ma lo farò ..alla prossima puntata.

Visualizza il testo integrale