Nomina dell’Ads tra esigenze effettive di protezione e liti ereditarie

Scritto il 22 Luglio 2009 in Amministrazione di Sostegno DC-Amministratore di sostegno (compiti)

Questo provvedimento del giudice tutelare di Modena (che non possiamo non ringraziare, ogni giorno, per la cura e la sollecitudine con cui rende disponibili le proprie decisioni, in tal modo illuminando proficuamente la law in action) si presenta come un mosaico di micro-determinazioni, convergenti – tutte – verso un punto di equilibrio.

Per meglio dire, il caso affrontato presentava una molteplicità di profili e di interessi (più o meno apertamente) contrapposti, e si trattava di individuare una soluzione che, da un lato, non negasse la protezione di cui il ricorrente aveva effettivamente necessità, senza però – dall’altro – cadere nell’inganno di dover far passare la linea dell’amministrando nel suo complesso.

I presupposti dell’art. 404 c.c. alla base c’erano, ed erano stati accertati in sede peritale: personalità psicotica; e, ancor prima della CTU, l’ esame del ricorrente aveva consentito di appurare una condizione di effettiva difficoltà di compiere in modo autonomo taluni atti della vita quotidiana.

Senonchè – ecco il primo possibile ‘tranello’ sventato – non tutti gli atti elencatidal richiedente abbisognavano di una stampella, ma una parte soltanto di essi, così individuati: a) coadiuvare la persona nel reperimento di una occupazione lavorativa consona; b) collaborare con l’Autorità Sanitaria competente per confezionare e portare in esecuzione un progetto di cura della salute con

l’obiettivo di più equilibrati comportamenti del beneficiario nei rapporti con la madre, e con i terzi; c) supportarlo nella prestazione del consenso informato sanitari.
Né, contrariamente alla domanda, il sostegno avrebbe dovuto tradursi in un incarico vicariale di rappresentanza, potendo bastare ‘alle bisogna’ l’attribuzione di compiti di assistenza.

L’altro e più consistente rischio, sapientemente evitato dal g.t., era quello di assecondare le mire rivendicative del richiedente rispetto all’eredità paterna, a suo dire non esaudite dalla madre.

L’insistenza dell’amministrando, e altresì della sua compagna e convivente su tale terreno, come pure l’indicazione di quest’ultima quale miglior candidata all’incarico vicariale, inducono il g.t. a riflettere approfonditamente sul da farsi, con questo esito: “Le risultanze acquisite portano a valutare l’iniziativa giudiziaria di L.B. come chiaramente strumentale, nella sostanza, al fine di piegare le resistenze materne, ragionevolmente fondate, per entrare nella disponibilità, con effetto dispersivo prevedibilmente rapido, anche di quel poco che ormai rimane dall’eredità del padre col supporto, in questo suo programma, della convivente e in linea, del resto, con una condotta di vita inerte nella costruzione di una personale, autonoma identità”.
Da qui, dunque, la saggia decisione che si legge nella parte dispositiva.

 

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