Mantenimento diretto, opzione non gradita

Scritto il 12 Febbraio 2010 in Dc-Rapporti tra genitori e figli Dc-Separazione e divorzio Diritto di Famiglia

E’ proprio il caso di dirlo. Nonostante la chiarezza del dettato normativo, le cose non sembrano cambiate granchè a quattro anni dalla riforma del diritto di famiglia.
Il IV comma dell’art. 155 c.c. (vale la pena rammentarlo, dato che a leggere buona parte dei provvedimenti ce ne potremmo dimenticare) stabilisce: “Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando (segue l’elencazione dei parametri valutativi)”.

Non vi può essere dubbio, di conseguenza, che il mantenimento diretto debba costituire, oggigiorno, la modalità privilegiata di adempimento dell’obbligo genitoriale (in tal senso la migliore dottrina: Arceri, Sesta, Manera, Dogliotti).
Una previsione che, se attuata concretamente, determinerebbe una trasformazione significativa delle relazioni tra i genitori (i quali si ritrovano invischiati, non di rado, in defatiganti contese giudiziarie aventi ad oggetto proprio il mantenimento dei figli).

Nella stragrande maggioranza dei casi, infatti, i provvedimenti del giudice della separazione accompagnano alla previsione di collocazione del figlio in via prevalente presso la madre, la determinazione di un quantum mensile a carico dell’altro genitore.
E il tutto viene motivato con la semplice considerazione che il genitore ‘non convivente’ (espressione davvero brutta e da evitare, in quel “non” c’è infatti il suono sinistro dell’esclusione) deve pur partecipare al mantenimento della prole, e dato che appunto non convive con questa, il solo modo è la corresponsione di un assegno.
In effetti – occorre ammettere – configurando i rapporti tra uno dei genitori e figli né più né meno che nei termini del ‘caro’ vecchio diritto di visita, non può farsi altro che continuare sulla vecchia strada; con buona pace del rispetto della volontà dei riformatori.
In taluni casi, addirittura, il giudice è giunto a negare la possibilità stessa che il mantenimento diretto possa essere inteso quale regola generale e scelta da privilegiare, motivando con il criptico assunto che affidamento condiviso e mantenimento diretto costituirebbero istituti rivolti a fini distinti (si tratta di una pronuncia barese da dimenticare dell’ 1 febbraio 2008).

Dal lato opposto, per fortuna, non manca un (pur minoritario) orientamento, rispettoso del dettato normativo, il quale ravvisa nella contribuzione diretta “la proficua funzione di far partecipare attivamente e concretamente alla vita del figlio anche il genitore con questi non stabilmente convivente”.
Tale orientamento è bene espresso in una recente sentenza catanese, la quale ha chiarito che l’assegno può essere stabilito – in deroga alla regola generale del mantenimento diretto – allorchè il genitore non convivente non indichi le voci di spesa di cui intende farsi carico, ovvero quando l’altro genitore non percepisca alcun reddito, tanto da dover dipendere dal coniuge che dispone di risorse economiche. La sentenza è del 25.9.2009 e si trova pubblicata su www.affidamentocondiviso.it.
Nella fattispecie decisa, il padre non convivente aveva indicato, appunto, i capitoli di spesa che intendeva sostenere, talchè il tribunale, dato atto di ciò, ha stabilito, quale modalità di mantenimento, quella del mantenimento diretto con indicazione delle voci di spesa oggetto di detto impegno diretto: “è opportuno indicare le voci di spesa attraverso cui realizzare il mantenimento diretto del coniuge non collocatario (sicchè per sottrazione si individuano le voci a carico dell’altro) (…) in linea con le richieste del C. questi va onerato per intero delle spese destinate ad ‘abbigliamento’, ‘istruzione e cultura’, ‘attività ludiche e sportive’, ‘sanitarie in genere’, nonché delle spese ordinarie di alimentazione ed alloggio (spese per vacanze incluse) durante il tempo in cui la minore starà con lui”.
Il giudice siciliano aggiunge di non condividere l’orientamento opposto secondo cui il mantenimento diretto offrirebbe il fianco a facili elusioni dell’obbligo di cura genitoriale.

Questa, a grandi linee, la situazione oggi.
E, oserei dire che un po’ di colpa è anche di noi avvocati, che non sempre diamo prova di convinzione e risolutezza nel sostenere la necessità di applicare le nuove regole.
Senza contare poi chi ancora queste regole neppure le conosce.
Così, appena pochi giorni fa, in udienza. Io insisto nella domanda di mantenimento diretto; il collega avversario, nel replicare, sbotta: “Noi, signor giudice ci opponiamo a questa innovazione, che non si è mai sentita; ed è inutile che il padre cerchi di sottrarsi così ai suoi doveri!”