Malattia di Alzheimer e amministrazione di sostegno

Scritto il 05 Luglio 2007 in Amministrazione di Sostegno DC-Finalità e destinatari

Un decreto dal contenuto stringato eppure chiaro: si tratta di riscuotere ed amministrare la pensione di un uomo affetto da morbo di Alzheimer.
L’ incarico viene affidato a tempo indeterminato al ricorrente stesso, unico figlio del beneficiario, il quale si propone per la nomina ad amministratore di sostegno.

A rimanere in ombra, è però il motivo per cui quell’unico figlio abbia ritenuto di far ricorso alla formalizzazione di una gestione vicaria degli interessi dell’amministrando che era già di fatto affidata a lui (nè dal decreto risulta la presenza di altri familiari o di eventuali controinteressati).

 Nel primo commento alla pronuncia, ne viene sottolineato il carattere innovativo rispetto al contrario orientamento del distretto giudiziario barese, fortemente ostile – ancora oggi – ad applicazioni rispettose dello spirito e del dettato normativo della riforma.

Forti, dunque, le resistenze all’attivazione dell’AdS, laddove la persona risulti affetta da patologie psichicamente invalidanti, quali il morbo di Alzheimer: vengono richiamate, in proposito le pronunce di rigetto del Tribunale di Trani decr. n° 503/05 e sent. n° 122/07, e della Corte App. Bari decr. 7/12/05.

Ma, a quanto pare, e grazie a questo premuroso e attento giudice tutelare, le cose stanno volgendosi verso la retta via anche in terra barese; e, d’altra parte, l’ostinazione a voler giustificare l’ impiego delle vecchie camicie di forza non potrebbe suonare, oramai, che espressione di ristrettezza culturale, sordità, incapacità di lettura e di comprensione della riforma del 2004.

E quale via d’uscita potrebbe ancora offrirsi ai detrattori del nuovo corso, dopo che la stessa Cassazione ha eliminato ogni residuo dubbio circa la residualità applicativa dell’interdizione? E, soprattutto, dopo che essa ha mostrato di cogliere appieno che il criterio orientatore verso l’una o l’altra misura di protezione va ricercato nel principio del proteggere senza mortificare, del sostenere il soggetto debole salvaguardandone -quanto più possibile – la sovranità gestionale, in una logica non custodialistica ma di protezione non incapacitante, o, comunque, là dove occorra, incapacitante in via contingente, a seconda delle necessità, e del momento, per quel poco o (in più rari casi) quel tanto che si renda necessario per il bene stesso della persona.

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