Una lavoratrice con mansioni di cuoca era stata licenziata in tronco e chiedeva a titolo di risarcimento che il datore di lavoro fosse condannato al pagamento delle differenze retributive spettanti dalla data del licenziamento a quello della sentenza.
Il Giudice di primo grado dichiarava inefficace il licenziamento intimato senza tuttavia riconoscere alcuna conseguenza economica. In appello invece, la domanda della lavoratrice veniva accolta ed il datore di lavoro condannato al pagamento di € 8.642,06 oltre accessori.
La Corte di Cassazione con la sentenza in esame fa proprio il ragionamento dei Giudici d’appello secondo cui la lavoratrice non aveva diritto a retribuzioni per i periodi in cui non aveva lavorato, ma in assenza di altra prestazione lavorativa, aveva diritto al risarcimento del danno identificato proprio con la retribuzione non percepita.
I Giudici evidenziano che in caso di licenziamento illegittimo/inefficace il lavoratore ha diritto sia alla dichiarazione di nullità del recesso, sia al risarcimento del danno conseguente che non corrisponde necessariamente al pagamento degli importi corrispondenti alle retribuzioni non percepite, se non in quanto si identifichino nel danno e nei limiti in cui coincidano con quest’ultimo.
Infatti, ai sensi dell’art. 1227 II comma co.c. “il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza“. Ciò significa che il risarcimento del danno non era più dovuto a partire dal momento in cui si doveva ritenere che la lavoratrice potesse essere in grado, facendo uso della dovuta diligenza, di reperire una occupazione corrispondente a quella svolta in precedenza.