Pare proprio che sia così, che cioè la responsabilità aquiliana eso-familiare sia destinata a divenire il versante avanzato nel riconoscimento ed affermazione dei diritti delle famiglie di fatto; terreno fertile per nuove fioriture nel giardino dei diritti della persona.
Tutto sommato non si tratta di una novità, se si considera che assai spesso il comparto ‘eso’ ha costituito il bacino nel quale la giurisprudenza – anche di legittimità (così, per esempio, le sentenze gemelle) – ha impiantato nuove linee interpretative, aprendo nuovi orizzonti nella tutela dei diritti della persona.
Il fenomeno, a ben vedere, concerne – soprattutto- l’estensione della tutela risarcitoria a nuovi soggetti, vittime rimaste fino ad un certo punto inedite, e riguardo alle quali, fino a non molto tempo addietro, era persino difficile ipotizzare un diritto di accesso alle stanze aquiliane.
Si pensi, ad esempio, all’attribuzione di tutela risarcitoria al nascituro, per la prematura perdita del padre, vittima di un incidente stradale (così Cass., sez. IV pen., 13 novembre 2000, n. 11625, e Trib. Modena, Sez. dist. Carpi, 3 settembre 2005, n. 98); così come, alla valorizzazione del rapporto affettivo tra nonno e nipoti, attraverso l’indennizzo del danno esistenziale derivato dalla perdita affettiva del primo (Cass. sez. III, 15 luglio 2005, n. 15019).
Esitante, d’altra parte, l’apertura sul versante dei familiari di fatto, dei cd. “nuovi parenti”, così come li ha incisivamente qualificati, di recente, la Cassazione (Cass. 12 luglio 2006, n. 15760).
E, in effetti, è del 2005 la pronuncia (n. 8976 del 29. 4. 2005) con la quale la Corte di Cassazione esclude la risarcibilità del danno subito dal convivente della vittima principale, quando non risulti la stabilità e la durata della convivenza.
Ma, evidentemente, il S.C. non poteva ignorare le forti istanze di tutela delle famiglie di fatto emergenti dalla società civile, giungendo – finalmente – ad accennarvi, seppure incidentalmente, e senza un effettivo apporto innovatore, semplicemente affermando che “l’attuale movimento per l’estensione della tutela civile ai Pacs (Patti civili di solidarietà ovvero stabili convivenze di fatto) conduce all’estensione della solidarietà umana anche a situazioni di vita in comune”.
Ed ecco, l’ardimentoso (forse audace?) giudice veneziano che – nella sentenza in commento- giunge a liquidare un risarcimento milionario, a titolo di danno non patrimoniale (morale ed esistenziale), a favore della convivente e sorella della vittima di un incidente stradale, riconoscendo, dunque, tutela risarcitoria alla protagonista di una relazione incestuosa.
E, se è pur vero, che l’incesto è ancora punito come reato, è altresì vero che elemento costitutivo e condizione di punibilità dello stesso è costituito dal pubblico scandalo.
Nella fattispecie decisa, al contrario – circostanza sulla quale opportunamente il giudice si sofferma – era emerso che nella collettività di riferimento di quella famiglia “la relazione era talmente consolidata (…) come se si fosse al cospetto di una normale famiglia, senza che dalla vicenda fosse insorto il senso di turbamento nella collettività del paese, tanto che persino il parroco era solito celebrare una funzione religiosa nell’abitazione di B. il giorno dell’Epifania”.
Ma non è dell’incesto che vogliamo parlare, quanto della decisa apertura – compiuta con questa sentenza- nella direzione avanguardista della tutela dell’unione di fatto, anche di quella, appunto, che sfugge alla possibilità stessa di formalizzazione, e che, addirittura, si presta – nella mentalità ancora corrente- ad essere stigmatizzata. Invitiamo alla lettura della motivazione, assai significativa sul punto, così concludendo: il nostro sistema di valori costituzionali, incentrato sul pieno riconoscimento dei diritti della persona, non può tollerare che il presidio risarcitorio venga negato soltanto perché l’individuo compia scelte relazionali ed affettive peculiari, e non inquadrabili nei consueti modelli sociali.