Risarcimento a trecentosessanta gradi per il lavoratore demansionato: il danno patrimoniale deve essere riferito ad ogni perdita di guadagno subita in seguito all’illegittima modifica delle mansioni precedentemente svolte. Perdita che può essere riscontrata utilizzando ogni elemento utile, comprese le “voci” della busta paga. Insomma, il risarcimento deve comprendere tutti i guadagni persi dal lavoratore dequalificato.
Così la Cassazione con la sentenza 7046/10 (qui leggibile come documento correlato) ha accolto il ricorso di un lavoratore demansionato al quale era stato liquidato un risarcimento che, però, non aveva tenuto conto della voce di danno patrimoniale commisurata alla perdita dei “decimi di senseria”. Percentuale, quest’ultima, spettante ai dipendenti della sua qualifica. In pratica, i giudici di merito avevano collegato impropriamente la perdita patrimoniale all’esercizio dello jus variandi del datore applicando un principio che la giurisprudenza ha enunciato con riferimento «all’ipotesi di modifica legittima delle mansioni, nella quale è ammissibile, e non risarcibile, la perdita di guadagni connessi allo svolgimento, in precedenza, di particolari funzioni».
Ma per la sezione lavoro del Palazzaccio tale ipotesi non ricorre nel caso in esame perché è stata definitivamente accertata in giudizio l’illegittimità del mutamento delle mansioni. In lavoratore, quindi, ha diritto ad essere risarcito in relazione a tutti i guadagni perduti in conseguenza del suo demansionamento.
Commento tratto da D&G.it
Sentenza integrale leggibile su D&G.it