Succede anche questo (pur se di rado, per fortuna), succede cioè che un ‘parente serpente’ si determini a domandare l’attivazione della nuova misura di protezione, proponendo se stesso (e, in alternativa, il proprio avvocato) come amministratore di sostegno, laddove questa gli appaia la via più efficace per superare un contrasto con l’anziano congiunto (nella specie, una zia ultraottantenne), in condizioni effettive di piena autonomia.
E’ questo l’aspetto che prontamente coglie il giudice tutelare di Como di fronte alla domanda, per niente affatto convincente, del nipote di un’anziana donna.
E ciò che non convince il giudice non è tanto il fatto (di per sé irrilevante, a dire il vero) della mancata allegazione di documentazione medica, quanto – piuttosto – una serie di circostanze, deponenti nel senso della mancanza dei presupposti per l’attivazione della misura:
(a) così, in primo luogo, la circostanza che il ricorrente adombri la mera possibilità che l’ anziana zia non versi in buone condizioni di salute psico-fisica. E, in effetti, un conto è prospettare, in capo al beneficiario, condizioni di difficoltà gestionale, di scarsa autonomia sul piano organizzativo; altra cosa è, invece, limitarsi a ipotizzare che una persona anziana “potrebbe” trovarsi in quelle condizioni;
(b) e, ancora (elemento questo dotato di un tasso di insidiosità assai elevato, riguardo ai reali intenti del ricorrente) l’enunciazione di tematiche aventi, piuttosto, i connotati di “presupposti per un’eventuale controversia” (la motivazione non enuncia di quali tematiche si tratti, ma non vi è motivo per dubitare della corretta interpretazione delle stesse, da parte del giudicante) e collocabili in una “evidente conflittualità endofamiliare”;
(c) come pure, la proposta del ricorrente, di per sé significativa di certi intenti, di nominare il proprio avvocato come amministratore di sostegno.
Un ricorso, dunque, che desta legittimi sospetti circa i propositi che lo muovono.
Eppure, non potrebbe certo bastare questo insieme di elementi a motivare il rigetto della domanda.
Di ciò il giudice comasco è ben consapevole, tanto che procede accuratamente alla verifica della sussistenza dei presupposti di legge per l’attivazione dell’AdS, riscontrando, a conferma del proprio iniziale convincimento, che l’anziana signora si sente e si dichiara pienamente in grado di curare i propri interessi: tanto da resistere alla domanda, costituendosi in giudizio, con il corredo di una vera e propria difesa tecnica.
Determinante è, soprattutto, l’esito dell’audizione diretta dell’anziana donna, la quale – annota il g.t.– “risponde perfettamente a tono (non rilevando qui se el-la abbia ragione o torto nel sopra menzionato tessuto contenzioso) non solo alle più elementari domande in ordine alla vita quotidiana, ma anche su specifiche e non semplici questioni (anche poste su stimolo del difensore tecnico del ricorrente)”.
Scacco matto, dunque, per il nipote: la domanda viene respinta e la zia ultra-ottantenne, ancora ben in grado di difendersi e di reagire all’altrui inopinata i-niziativa, presidiata appieno nella propria autonomia.
Una sola notazione critica, riguardo alla mancanza – nel decreto- di qualsivoglia decisione sulle spese del giudizio.