Due i principi affermati in questa sentenza. Il primo investe i rapporti tra la madre e il figlio rifiutante. La Cassazione, pur prendendo atto del disagio da cui la madre è affetta (anoressia) e delle difficoltà che la stessa presenta nel rapportarsi con i terzi, ha ritenuto di non dover recidere il già tenue legame con il figlio minore, né il rifiuto del figlio di vedere la mamma potrebbe costituire una ragione sufficiente, specie in considerazione del limitato contesto in cui gli incontri avvengono, ovvero, in un ambiente familiare protetto, per una volta a settimana e sotto la sorveglianza degli operatori sociali.
Si tratta a ben vedere, di una decisione rispettosa delle legittime aspirazioni della donna, versante in condizioni d fragilità esistenziale, a non vedere annullata la propria genitorialità. Al tempo stesso, vi si può cogliere l’attenzione per la salvaguardia dell’equilibrio affettivo del minore il cui rifiuto, specie allorché si tratti di un bambino in tenera età, non può essere assunto acriticamente quale ragione di interruzione dei rapporti con il genitore.
Il secondo principio, concerne la problematica del mantenimento. La Corte, in rigetto del ricorso del marito, chiarisce che, il coniuge obbligato non può ritenersi esonerato nei confronti dell’altro qualora questi riceva delle forme di aiuto dalla famiglia di origine; e ciò soprattutto allorché tale aiuto si sia reso necessario proprio in considerazione della modesta entità del contributo al mantenimento coniugale.
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