La dieta Vegan accresce i contrasti tra i genitori, come dimostrano le decisioni che i giudici hanno cominciato a sfornare in questi ultimi mesi!
Ma, anche i giudici non la vedono allo stesso modo sulla dieta vegana: così, mentre il Tribunale di Roma, nel maggio di quest’anno ha stabilito che la bambina, figlia di due genitori separati e affidata in via condivisa ad entrambi, dovesse seguire una dieta tradizionale, il Tribunale di Monza, appena un mese e mezzo più tardi – nel luglio 2016 – ha ritenuto che un bambino potesse seguire a scuola la dieta vegana, sia pure con i correttivi alimentari indicati dal perito.
Viene, allora, spontanea la domanda: qual è la scelta alimentare giusta per un bambino? La dieta vegana può essere seguita ?
Qui, ovviamente, parliamo dell’aspetto legale del problema, e non del profilo medico.
Occorre distinguere varie situazioni.
Genitori concordi
La prima ipotesi è quella di due genitori che, seppure separati, condividono tale scelta alimentare, e dunque adottano la dieta vegana per il figlio, facendo altresì in modo che questa venga adottata anche dalla scuola.
Tale scelta andrà rispettata e dovrà considerarsi del tutto legittima, a condizione che i genitori adottino tutte le precauzioni sanitarie atte a scongiurare effetti negativi di tale stile alimentare. La dieta vegana, infatti, è priva di categorie di nutrienti ritenuti essenziali per la crescita di un bambino. Pertanto, se controlli costanti confermano che il bambino sta avendo una crescita normale, nessuna controindicazione si pone alla prosecuzione della dieta Vegan.
Al contrario, qualora i genitori non sottopongano il bambino a controlli periodici, non adottino i correttivi necessari ad assicurare una crescita equilibrata e insorgano effetti negativi della dieta vegana (come, per es., un rallentamento della crescita), essi potranno (potrebbero) andare incontro a controlli e interventi esterni, da parte cioè del tribunale per i minorenni e dei Servizi Sociali, a tutela del minore. E nei casi più gravi, il tutto potrebbe portare ad una limitazione della responsbailità genitoriale.
Appena un mese fa, una mamma single si è rivolta al nostro studio perchè la pediatra del figlio, venuta a conoscenza del fatto che al bambino di tre anni veniva fatta seguire la dieta vegana, aveva fatto una segnalazione ai Servizi Sociali. I Servizi avevano, allora, attivato una serie di verifiche al fine di verificare, evidentemente, la condizione di salute dl bambino e l’adeguatezza della scelta materna.
Genitori affidatari in contrasto
Un’altra situazione è quella di due genitori separati, in affidamento condiviso, i quali hanno vedute opposte sulla dieta da adottare per il figlio.
Se il contrasto non può essere superato, ciascuno dei genitori potrà rivolgersi al giudice per esserr aiutato a superare l’empasse.
Qui il Giudice – sia ben chiaro – non interviene nella sua tradizionale funzione di decisore, ma è chiamato a svolgere il ruolo di mediatore. Egli, ascoltando le parti, dovrebbe adoperarsi per far sì che i due adulti assumano una linea comune riguardo ala dieta del figlio. Qualora, però, il contrasto permanga, sarà il giudice stesso a stabilire quale atile alimentare vada seguito.
E’ questo il caso decirso dal Tribunale di Roma, nel maggio 2016, laddove due genitori erano in conflitto, tra l’altro, per la dieta vegana della figlioletta.
Dopo avere disposto gli opportuni accertamenti medici e tramite i Servizi Sociali, il Collegio romano stabiliva che la bambina seguisse la dieta tradizionale: la bambina godeva di buona salute, e tuttavia il suo accrescimento ponderale e in altezza era deficitario rispetto all’età.
Constatato tale rallentamento della crescita, il tribunale romano osservava – in modo condivisibile – che a prescindere dalle convinzioni di ognuno, nel disaccordo tra i genitori, occorre riferirsi alle condotte normalmente tenute dai genitori nella normalità dei casi per la cura ed educazione dei figli. E dunque, dato che il regime alimentare seguito dalle scuole non contempla restrizioni, e che ciò fa presumere che il Ministero della salute e della Pubblica Istruzione abbia ritenuto che ciò garantisca la corretta crescita dei minori, debba allora farsi luogo al comune regime alimentare.
In un altro caso, pure caratterizzato dal contrasto dei genitori sulla dieta vegana, il giudice di Monza ha deciso (anche qui dopo i necessari accertamenti) che questo stile alimentare potesse essere praticato dalla minore; a condizione, però, che venissero adottati i correttivi nutrizionali suggeriti dal consulente tecnico.
La decisione lombarda, a dire il vero, suona un po’ strana, avendo deciso un contrasto che era insorto tra genitori non affidatari. Affidatario era, infatti, il Comune e dunque a questo sarebbe dovuta spettare la decisione.
Inoltre, mentre la prescrizione di integrare la dieta vegana veniva rivolta ai genitori, l’onere della comunicazione alla scuola dell’autorizzazione a detto tipo di dieta veniva demandata all’Ente affidatario.
Ecco, dunque, non ci sono certezze su come debba e possa essere risolto il nodo della dieta alimentare del bambino, se mamma e papà hanno in mente stili alimentari diversi.
Di sicuro, però, siamo di fronte ad una questione tipica di una società evoluta, dove ciò che si mangia è espressione di una scelta di vita e non più soltanto una necessità.