L’amministrazione di sostegno serve alle persone
- portatrici di una disabilità fisica o psichica, o di una limitazione sensoriale (sordomuti, non vedenti, etc.) o di un disagio di altro genere;
- che non riescano, conseguentemente, a cavarsela da sole nelle attività della vita quotidiana (limitate in tutto o in parte nella loro autonomia).
Come capire se ci sono le condizioni per la nomina dell’amministratore di sostegno
Per capire se ci siano le condizioni per la nomina dell’amministratore di sostegno occorre capire se ci sono le condizioni viste sopra.
In altre parole, occorre chiedersi:
-la persona è in grado di sbrigare autonomamente le attività quotidiane? Come, per esempio:
- andare in banca,
- firmare un contratto consapevolmente,
- informarsi per avere un servizio,
- partecipare all’assemblea condominiale,
- pagare le bollette,
- osservare le scadenze fiscali, e via dicendo.
Se la risposta è no, allora occorre chiedersi:
–questa limitazione dell’autonomia della persona, che potrebbe essere anche parziale, è causata da una malattia, o da un’infermità o dal fatto che si tratta di una persona molto anziana?
In altre parole occorre che l’incapacità di arrangiarsi autonomamente nel fare le cose dipenda dall’infermità o disabilità di cui la persona è affetta.
L’amministrazione di sostegno serve alla persona afflitta da abituale infermità di mente?
Certamente sì.
Non va, anzi, dimenticato che il cd. infermo di mente e le necessità della sua protezione sono storicamente alla base dell’introduzione dell’Ads.
Il fatto, poi, che ancora oggi siano presenti l’interdizione e l’inabilitazione non impedisce che la persona con una grave disabilità psichica possa giovarsi di questo strumento. E ciò è stato chiarito dalla Cassazione fin dal 2006: l’Amministrazione di sostegno rappresenta una misura più rispettosa rispetto all’interdizione, in quanto maggiormente flessibile e in grado di adeguarsi alle esigenze della persona (v. Cass. I, 12 giugno 2006, n. 13584 seguita da numerose altre decisioni in questo senso).
L’amministrazione di sostegno va sempre applicata alla persona con disabilità psichica? O vi sono casi in cui il disabile psichico non deve essere destinatario di questa misura ?
Per rispondere, occorre partire dalla considerazione che il disagio psichico comporta di norma difficoltà di autogoverno e dunque limitazioni funzionali, più o meno importanti, ma non sempre accade questo.
Così, per esempio, in un caso deciso dal Tribunale di Bologna, una donna affetta da una forma cronica di psicosi delirante era stata riconosciuta pienamente in grado di curare i propri interessi e di badare a se stessa; il tribunale ritenne che non vi fossero le condizioni per nominare un amministratore di sostegno.
Occorre valutare, caso per caso, quali siano le aree di autonomia della persona afflitta da un malessere psichico e non è detto, appunto, che sia necessario dotarla di una misura di protezione.
Se una persona psichicamente fragile chiede che gli venga nominato un amministratore di sostegno, il giudice deve accogliere detta domanda in ogni caso?
No. Ciò che rileva, ai fini della pronuncia del decreto istitutivo, non è tanto la sussistenza di una patologia clinica, più o meno grave. Il giudice dovrà valutare se la fragilità psichica del richiedente sia tale da privarlo in tutto o in parte di autonomia.
L’amministrazione di sostegno serve alla persona prodiga?
Certamente sì. Va anzi sottolineato come la figura dell’inabilitazione – alla quale era affidata, nel sistema previgente, la protezione di tale categoria di soggetti deboli – registri oggigiorno un sostanziale abbandono, nella prassi, essendo stata soppiantata dall’amministrazione di sostegno.
E la persona affetta da demenza?
Certamente sì, la persona affetta da una qualsiasi forma di demenza che ne limiti l’autonomia ha diritto ad essere protetto e sostenuto da un amministratore di sostegno. E anzi, quella della demenza è una delle aree della ‘disabilità’ che appare destinata a registrare un incremento costante, nella realtà di oggi.
L’amministrazione di sostegno può essere attivata in favore di una persona tossicodipendente o alcolista?
Sì. L’Amministrazione di sostegno costituisce lo strumento per aiutare anche le persone che versano in condizioni di “dipendenza“.
Uno dei problemi maggiori, nel caso delle tossicodipendenze, riguarda la possibilità che all’amministratore vengano affidati poteri sostitutivi, al fine della predisposizione di programmi di recupero – allorché la persona non intenda seguire un percorso di disintossicazione.
La giurisprudenza dimostra, al riguardo, una certa dose di prudenza, escludendo che al vicario siano attribuibili, di norma, veri e propri poteri sostitutivi e immaginando, piuttosto, l’assegnazione di compiti di contenimento/affiancamento, da parte del giudice tutelare. E ciò con l’obiettivo di favorire l’adesione dell’interessato al programma di recupero.
Può beneficiare dell’amministrazione di sosteggno la persona affetta da una patologia di natura fisica ?
Certamente sì, purché a tale patologia si ricolleghi una riduzione dell’autonomia.
Il quadro descritto corrisponde, a titolo esemplificativo, a quello di una persona affetta da qualche forma di spasticismo, o da una malattia degenerativa (quale la sclerosi multipla): patologie le quali determinano, appunto, l’ impossibilità per chi ne soffre di provvedere autonomamente al compimento di atti materiali – senza necessariamente incidere in senso menomativo sulle sue doti cognitive.
L’ amministrazione di sostegno è utile per la persona interessata da un deficit di natura sensoriale (sordomuto, non vedente, balbuzie, tic, dislessia, etc.)?
Anche il deficit sensoriale (come quello di natura fisica) può limitare la capacità della persona di curare autonomamente i propri interessi personali e patrimoniali. E ciò nonostante da tali deficit non derivino limitazioni cognitive. Pertanto, non vi può essere dubbio sul fatto che anche le persone portatrici di tali deficit possano essere beneficiarie di amministrazione di sostegno.
Quale soluzione adottare per la persona in coma?
Non vi sono ragioni di sorta valide a sconsigliare la messa in campo dell’AdS nella condizione di coma vegetativo che abbia colpito l’amministrando. Il fatto che la persona in coma sia priva di coscienza non può impedire l’applicazione dell’Amministrazione di sostegno.
Di certo, non può giustificarsi la diversa opzione di interdire la persona, dato che tale soluzione determinerebbe stigma e avvilimento, quanto meno presso la famiglia del disabile, col pericolo di ricadute negative sullo stesso infermo.
Per la persona anziana l’amministrazione di sostegno è utile?
L’età avanzata non giustifica di per sé l’apertura dell’ads. Del resto, essere anziani non vuol certo dire essere malati. D’altra parte, è vero che la persona anziana – specie nella quarta età – può avere limitazioni nella propria autonomia. In tal caso, l’Ads può rappresentare uno strumento utile.
Si pensi al caso in cui sopravvengano difficoltà di deambulazione e di movimento, più o meno invalidanti, difficoltà a ricordare le cose e conseguente difficoltà nel gestire le scadenze amministrative/burocratiche, o difficoltà a prendersi cura della propria igiene e del proprio stato di salute.
Non sono mancati casi in cui il giudice tutelare ha rigettato la domanda di nomina dell’AdS, poiché l’amministrando era anziano ma mentalmente lucido.
L’amministrazione di sostegno serve alla persona interdetta o inabilitata?
Anche l’interdetto, e a maggior ragione l’inabilitato, è ammesso a beneficiare della nuova misura di protezione. L’apertura dell’ads, in tali casi, sarà possibile, tuttavia, soltanto dopo la revoca dell’interdizione/inabilitazione.
La persona interdetta o inabilitata potrà presentare, essa stessa, domanda di attivazione dell’ AdS, formulando, al contempo domanda di revoca dell’interdizione/inabilitazione.
Le due domande, tuttavia, vanno proposte davanti a giudici diversi. Questo rende macchinosa la possibilità per la persona interdetta o inabilitata di fruire della nuova misura di protezione.
Vi è, tuttavia, la possibilità di snellire l’iter, domandando la revoca dell’interdizione/inabilitazione, e quindi, nell’ambito del procedimento di revoca, la trasmissione degli atti al giudice tutelare.
L’art. 429 c.c. prende tale possibilità allorché – appunto – “appaia opportuno che, successivamente alla revoca, il soggetto sia assistito dall’amministratore di sostegno”. Ciò fa sì che l’amministratore di sostegno possa essere nominato il prima possibile.
L’ amministrazione di sostegno può essere attivata in favore di un minore?
Secondo quanto prevede l’art. 406, 1° comma, c.c., anche il soggetto minore d’età può presentare ricorso per la nomina dell’amministratore di sostegno. Il decreto di nomina potrà essere pronunciato dal giudice tutelare soltanto nell’ultimo anno della minore età; e acquisterà efficacia soltanto al compimento del diciottesimo anno. Il motivo di ciò sta nel fatto che il minore d’età è sottoposto alla responsabilità dei genitori e sono costoro che lo rappresentano in tutti gli atti civili e nell’ amministrazione dei beni.
Nel caso in cui i genitori siano morti o siano decaduti dalla responsabilità genitoriale, i poteri di rappresentanza e di cura del minore sono affidati ad un tutore. Il giudice tutelare può, in ogni caso, procedere alla nomina di un amministratore di sostegno provvisorio, allorché il minore sia ormai prossimo al raggiungimento della maggiore età.