Infedeltà mercenaria, infedeltà transessuale. Quale risarcimento per il coniuge tradito?

Scritto il 15 Novembre 2009 in Diritto di Famiglia

Le cronache degli ultimi tempi sollevano un interrogativo intrigante per i tortmen, ed in particolare per quelli che si cimentano nelle questioni di responsabilità endo-coniugale.
L’interrogativo riguarda la possibilità, per il coniuge tradito dall’altro, di domandare ed ottenere il risarcimento del danno (che assuma) subito a causa della condotta fedifraga.

I fatti di cronaca cui mi riferisco sono ben noti: da un lato, quelli riguardanti il Presidente del Consiglio, e la recentissima notizia dell’avvio imminente della causa di separazione, da parte della first lady; dall’altro gli amori transessuali dell’ ex Presidente della Regione Lazio. Due vicende diverse sotto tanti punti di vista, ed oggetto di un confronto/parallelismo serrato, ad opera dei mass media. Due vicende che, di certo, sollevano questioni accostabili, e anzi, un identico interrogativo, sotto il profilo cui mi riferisco.

La questione, allora: è possibile ritenere che l’ adulterio possa, talvolta, assumere i contorni di un illecito rilevante in sede aquiliana, con conseguente ammissibilità di una domanda di risarcimento da parte del coniuge che se ne assuma vittima?
E, nel caso affermativo, in presenza di quali presupposti, la domanda potrà ritenersi fondata e, dunque, essere accolta?

L’interrogativo non è nuovo. Esso va, anzi, riproponendosi da anni, ormai – perlomeno, da quando è stato fugato ogni dubbio circa la risarcibilità in sede aquiliana dei danni arrecati da uno dei coniugi all’altro, mediante condotte violative, al tempo stesso, di doveri coniugali e del canone del neminem laedere; momento che si colloca, vale ricordare, attorno agli anni 2000 (si veda la paradigmatica pronuncia fiorentina del giugno 2000, e altresì quella milanese del febbraio 2002).
E’ noto come, su un piano generale, non sia configurabile alcun apparentamento automatico tra condotte rilevanti per i rimedi apprestati dal primo e dal quarto libro del codice civile, e ciò è stato chiaramente sancito dalla giurisprudenza di legittimità fin dagli anni ’90.
Per converso, però, non può escludersi che una condotta coniugale infedele ricada in piena regola sotto l’egida dell’ art. 2043 c.c.; e ciò avverrà – ecco il punto – allorchè la condotta imputata si qualifichi, in termini di lesività, per determinate caratteristiche.

Veniamo, allora, alle vicende da cui muove questa mia breve riflessione.
Partiamo dal caso Berlusconi-Lario. Stando ai resoconti della stampa, il Premier si sarebbe dilettato/si starebbe dilettando in liaison mercenarie, di cui tutti conosciamo i contorni e (chi più chi meno) i dettagli. Veronica Lario, dopo avere fatto intendere, all’esordio giornalistico della vicenda, che il tutto sarebbe da considerare alla stregua di fissazione morbosa, pressochè ossessiva, e dopo avere raccomandato agli amici più vicini al Cavaliere di stargli vicino perchè “malato”, annuncia ai quattro venti l’intenzione di separarsi; un’ intenzione che pare stia prendendo corpo ora, con l’imminente deposito del ricorso.
E’ del tutto verosimile che quel ricorso conterrà una corposa domanda di risarcimento (e quale avvocato non suggerirebbe di inserirla?); ma, con quali chances di accoglimento ? ecco il punto.
E passiamo al caso Marrazzo, riguardo al quale la riflessione è del tutto teorica, dato che ad oggi non corre voce di una separazione personale. Ma se questo accadrà, una eventuale domanda di risarcimento del danno, da parte della moglie, avrà – a sua volta – probabilità di venire accolta?

Le situazioni esaminate presentano, nondimeno, un tratto comune, che apre – a mio parere – ad una soluzione possibilista, circa la risarcibilità del danno che le rispettive consorti potrebbero ottenere, per le ripercussioni delle infedeltà subite.
Due sono le considerazioni che me ne convincono.
In primo luogo, si è trattato in entrambi i casi di “infedeltà pubblica“, divenuta di dominio pubblico, esibita ai quattro venti. E il risalto pubblico di vicende del genere (nonostante ormai tutto sia stato sdoganato, “amore transessuale compreso”) può ben immaginarsi quale genere di ricadute determini nella vita familiare e privata dei protagonisti.
Inutile dire qui (essendo ben evidente) del tasso di lesività, per le consorti, delle giostre di escort a Palazzo Grazioli, come pure dei viaggi in auto blu di Natalie.
E’ ben vero che il risalto pubblico è da attribuirsi ai mass media e, dunque, di per sé non è imputabile ai due protagonisti. Sarebbe fantasioso, però, pensare che i due uomini abbiano fatto di tutto, ciascuno per la sua parte, perchè i loro incontri adulterini non divenissero di pubblica opinione.

Tv e giornali, in fondo, raccolgono (al limite amplificandoli) fatti reali, che i protagonisti hanno quanto meno malcelato, e di cui anzi si sono resi autori nonostante la posizione di uomini politici; una condizione esistenziale che avrebbe raccomandato un livello di attenzione perfino superiore a quella di un comune mortale (una sorta di diligenza professionale, in definitiva). E che si sia trattato di mera, semplice, genuina ingenuità è difficile credere; piuttosto, è verosimile immaginare atteggiamenti di noncuranza, se non di vero e proprio disinteresse per le conseguenze private, familiari dello “scandalo”.

Ci troviamo di fronte, insomma, e per concludere, a due esempi di infedeltà coniugale forse e senza forse incidenti sulla dignità delle persone, per le modalità con cui si sono svolte.
Quanto al pregiudizio, certo, andrà dimostrato, e non è da escludere che il pezzo forte sarà costituito dal pregiudizio esistenziale. Riguardo al quantum che dire? Il criterio equitativo sarà sovrano, anche se va raccomandata al giudice una considerazione attenta e scrupolosa per la “colpa grave” dei due protagonisti e – quanto alla seconda vicenda – per l’indice di scabrosità che ancora ammanta l’ infedeltà transessuale.