Trib. Min. Emilia-Romagna, decr. 15 luglio 2010, pres. rel. Stanzani
La vicenda approdata al T.M. dell’Emilia-Romagna, su ricorso della Procura, riguardava, nella specie, tre fratelli tutti minorenni ma di età molto diverse: quasi maggiorenne la prima, sedici anni la seconda, quattro anni l’ultimo nato.
Va subito puntualizzato che la richiesta della Procura – di “attribuire in via urgente un mandato di vigilanza al Servizio a scopo di sostegno” riguardava tutti i minori, pur facendo riferimento alla sola problematica dell’indifferenza provata dalla primogenita verso il padre.
Da qui, la giusta considerazione del giudice circa la insussistenza degli elementi minimiatti a giustificare un interessamento del tribunale, domandato, oltretutto, quale provvedimento da emettersi in via urgente ed inaudita altera parte.
L’applicazione dell’art. 333 c.c. comporta pur sempre una limitazione della potestà genitoriale; e ciò quand’ anche il ricorso risulti apparentemente mitigato dall’espressione “mandato di vigilanza a scopo di sostegno”.
Fortunatamente, il ricorso è giunto ad un collegio scrupoloso e sensibile, che ha dato prova di considerare, con un approccio dal basso, le pieghe del caso concreto; ma, cosa sarebbe successo diversamente? Mi si potrebbe obiettare che pur sempre di giudici si tratta e che occorre avere fiducia nell’amministrazione di una giustizia giusta. Vorrei essere la prima ad affermare risolutamente questo, ma sappiamo quanto diversa sia, talvolta, la realtà.
Domanda: vi sarebbe potuta essere una soluzione diversa dal non luogo a provvedere? Forse – io credo – in questo caso sì: una convocazione delle due sorelle adolescenti, e dei genitori, per affrontare il nodo relazionale e, magari, affidare ad un consulente (all’altezza della funzione) un incarico di verifica e di ‘mediazione’.