Impedimento doloso alla cura filiale: reato diffuso, ma non previsto dal codice penale – AA.VV.

Scritto il 22 Giugno 2010 in Dc-Rapporti tra genitori e figli

Questo studio è il frutto della collaborazione tra ADIANTUM – Associazione Di Associazioni Nazionali per la Tutela del Minore -, CESTUT – Centro Studi per la Tutela della famiglia genitoriale -, ANFI – Associazione Nazionale Familiaristi Italiani – PSICHE, IUS ET LABOR – Associazione di Psicologia Giuridica e del Lavoro -, Associazione OPERA di GIUSTIZIA e PERSONA E DANNO.
L’obiettivo è “codificare” le caratteristiche proprie di un reato ampiamente diffuso, ma non ancora codificato nell’ ordinamento.

Occorre riconoscere che il legislatore non ha mancato di sanzionare alcune tipologie di reati particolarmente odiosi. Così, nella sezione del codice penale dedicata ai delitti contro la persona, vengono contemplati reati quali la prostituzione minorile, la  pedopornografia, le iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile  (art. 600 bis, ter, quinquies). Le pene sono poi inasprite riguardo alla violenza sessuale di gruppo o nei confronti di vittima infraquattordicenne.

Tra i “Delitti contro la Famiglia” troviamo, poi, l’ inosservanza dolosa  degli obblighi di assistenza familiare, l’abuso dei mezzi di correzione, i maltrattamenti in famiglia, la sottrazione consensuale di minorenne e la sottrazione di persone incapaci (artt. 570 e seguenti del Codice Penale). Il minore d’età è giuridicamente incapace e, pertanto, soggetto protetto dalle previsioni indicate, pur non disponendo, egli, della capacità processuale per domandare salvaguardia. L’oggetto giuridico del reato è dunque riconducibile all’esercizio della potestà genitoriale, o tutelare. Non si tutela la persona, bensì l’esercizio dell’autorità familiare ed i connessi poteri di vigilanza e custodia.

Sul punto sono state molte le iniziative; pregevole ad esempio la proposta di legge volta ad una nuova riformulazione dell’art. 605 c.p. – sequestro di persona – attraverso l’introduzione di un reato specifico che prevedesse il “sequestro di minore;  ciò in conseguenza dell’ormai dilagante piaga delle “sottrazioni/sparizioni” di minori (nazionale ed internazionale) compiuti da un genitore ai danni dell’altro, spesso in totale dispregio di provvedimenti giurisdizionali.

Alla previsione di queste fattispecie delittuose, consegue tutta una serie di rimedi e misure punitive che l’Ordinamento appresta sia in sede civile che penale.

Queste, a seconda della gravità del reato commesso, potranno prevedere misure cautelari c.d. coercitive, incidenti – in varia misura – sulla libertà personale di un soggetto (arresto, fermo, divieto di dimora, obbligo di firma)  o c.d. interdittive, ovvero incidenti sulla sfera giuridica di un soggetto, limitandone taluni diritti, funzioni o facoltà personali (inibizione di funzioni, attività, professioni). In tema di pene accessorie che conseguono a condanne legate a reati consumati in seno alla famiglia (anche di fatto) si annovera, ad esempio, la sospensione della potestà genitoriale o la sua decadenza.

Anche in sede civile vengono apprestati provvedimenti limitativi o ablativi della potestà genitoriale, o di allontanamento dalla casa familiare ogni qualvolta venga posta in essere una condotta pregiudizievole in danno del minore.
L’ ordinamento prevede ancora sanzioni di natura civile, nel caso in cui un genitore si sottragga ai suoi doveri sul piano economico; poco utilizzate sono le sanzioni civili previste nel caso in cui un genitore ostacoli il rapporto tra il figlio ed il genitore non affidatario o, come è discutibile uso nella odierna prassi giudiziaria, non collocatario della prole.

Spesso uno dei due genitori mette dunque in atto un processo di programmazione, di brainwashed children (Gardner, 1992)  nei confronti dell’altro genitore, operando una “distorsione relazionale” (Gulotta, 2008), per mezzo della quale i sentimenti del bambino verso uno dei due genitori vengono mistificati e manipolati dall’altro.
Questi costanti comportamenti di alienazione, percepiti dal bambino come un ricatto strutturato nella vita di ogni giorno, lo convincono che potrà essere amato e curato dal genitore manipolatore solo se sente e pensa come lui/lei.  L’indottrinamento deve dunque parte del suo successo al principio di lealtà, che il minore sviluppa nei confronti del genitore programmante, il quale chiede al bambino di condividere i propri sentimenti avversi nei confronti dell’ex coniuge. (Gulotta, 2008).
Tale categoria di genitori annovera solitamente persone immature, incapaci di raggiungere una indipendenza psichica dalla propria famiglia d’origine e strutturanti un rapporto simbiotico con i propri figli, ai quali impediscono l’indipendenza e l’acquisizione di autonomia.

Il bambino, non avendo ancora sviluppato appieno le capacità di pensiero ipotetico-deduttivo, faciliterà l’attività di programmazione del genitore alienante, il quale riuscirà ad influenzarne le successive fasi evolutive. Questa forma sottile di sfruttamento dei minori, oltre a causare l’insorgere della Sindrome di Alienazione Genitoriale (PAS – Parental Alienation Syndrome), può portare a conseguenze molto pericolose per il benessere del bambino fino all’esordio di vere e proprie patologie (Malagoli, Togliatti, Franci, 2005).

Al di là dei casi-limite, non può non rilevarsi che un generico e astratto richiamo alla volontà del minore può rivelarsi spesso un criterio di valutazione non affidabile rispetto al dato di realtà. Ovvero spesso è impossibile affermare con certezza quale sia la reale volontà di un bambino oggetto di contesa. Troppo spesso ciò che il minore esprime in tali casi è frutto di “indottrinamento” di un qualcosa che gli viene imposto, o più semplicemente può essere dettato dal “ricatto affettivo” di un genitore, dalla paura di dispiacergli; può essere persino il desiderio di punire il soggetto che ha deciso di disgregare l’unione familiare. Oltre a privare i figli di un importante supporto affettivo, ovvero quello dell’altra figura genitoriale, il genitore “controllante” inizia un sottile lavoro volto a demolire il genitore “controllato”, a catturare l’attenzione dei figli, ricercando con loro quasi un legame compensativo, originato dalla perdita naturale del compagno o della compagna. Tale condizione si sostanzia in un vero e proprio plagio a danno della prole, dal quale spesso questa ne esce completamente annientata. A mero titolo di esempio, tali comportamenti si concretizzano in:
– messaggi ai figli tesi ad evidenziare difetti e/o manchevolezza dell’altro genitore, spesso senza alcun  fondamento;
– azioni di esclusione, anche fortemente simboliche e plateali, dell’altrui figura genitoriale quali:
a) eliminazione di tutte le foto familiari dalla casa coniugale,
b) riconsegna immediata e non richiesta degli effetti personali all’interno di sacchi abitualmente utilizzati per la raccolta dei rifiuti,
c) cambio della serratura della casa familiare ancor prima di qualsiasi pronuncia che autorizzi i coniugi a vivere separatamente,
d) invio di lettere minacciose ai dirigenti scolastici volti, piuttosto che a notiziare sulla separazione, a indirizzarne forzosamente i comportamenti nei confronti dell’altro genitore (informazioni sul rendimento scolastico dei figli, sul loro stato di salute psichica, o con riferimento agli istituti scolastici quali assemblee e ricevimenti), pur in assenza di qualunque pregiudizio afferente la sua persona,
e) mancata condivisione degli incontri con gli insegnanti,
f) mancato coinvolgimento nei festeggiamenti dei compleanni della prole,
g) esclusione dalle visite pediatriche e/o specialistiche e in generale da tutti i problemi inerenti la salute dei figli;
– apprezzamenti offensivi in pubblico o in presenza di amici e conoscenti;
– palesi e teatrali atteggiamenti di disistima;
– provocazioni continue e sistematiche;
false accuse di violenza fisica e/o psicologica, oggetto di formali querele, al solo scopo di ottenere il favor processuale e alimentare un conflitto che, in forza dei lunghi tempi che l’accertamento dei fatti prevede, ripropone continue fonti di tensione anche quando i momenti più concitati della separazione potrebbero essere ormai superati;
– coinvolgimento continuo di terzi nella separazione, allo scopo di precostituire “prove” contro l’altro, di modo che quest’ultimo venga percepito come il “cattivo genitore”;
– sottrazione di beni comuni;
– pressanti richieste di denaro, aggiuntive rispetto alla ordinaria contribuzione familiare, in cambio di una maggiore frequentazione con i figli;
trasferimento unilaterale della residenza con conseguente allontanamento della prole dal proprio contesto abituale, nonché dall’altro genitore, allo scopo di rendere difficoltosi o impossibili i suoi contatti con i figli, con esiti che spesso si concretano con la totale esclusione della figura genitoriale più lontana;
– partenza non preannunciata per le vacanze estive o invernali, senza preventivo accordo con l’altro coniuge;
– assenza dalla casa coniugale, negli orari faticosamente fissati nei giorni precedenti, allo scopo di camuffare il dolo;
– atti persecutori volti alla invasione della sfera privata dell’altro genitore, allo scopo di impedire un sereno svolgimento delle sua vita di relazione;
– atti e/o espressioni di violenza fisica e verbale.

Come si evince da questa breve analisi, la fattispecie giuridica che si intende codificare contiene in sé degli elementi che possono essere ricondotti a due differenti istituti del codice penale, ossia il reato di Sottrazione di Persona Incapace (art. 574 c.p.- reclusione da uno a tre anni) e l’ormai caducato reato di Plagio (art. 603 cp) per le sue chiare connotazioni fortemente psicologiche. Infatti, com’è noto, la Suprema Corte, con sentenza8 giugno 1981 n. 96, ne ha dichiarato l’illegittimità costituzionale in conseguenza della violazione dell’art. 25 della Costituzione; la norma cioè appariva sfornita dei suoi elementi costitutivi e di chiarezza e per ciò stesso correva il rischio di affidare alla sola determinazione di un giudice, l’individuazione in concreto degli elementi costitutivi di un reato “a dolo generico, a condotta libera e ad evento non determinato”.

 

Tuttavia è opportuno sottolineare la diversità con l’istituto che qui si vorrebbe disciplinare. Il reato oggetto d’intervento da parte della Corte Costituzionale non tipizzava chiaramente una condotta antigiuridica (rischiando di ricomprendere al suo interno anche condotte perfettamente lecite); ma soprattutto riconosceva, quale soggetto passivo del reato una persona “normale” e pienamente “capace”.

Il reato di Impossessamento di minore, invece, come si è detto, contiene in se quell’elemento psicologico (lo stato di soggezione) a cui soggiace una persona giuridicamente “incapace”. Pertanto il reato di cui parliamo può solo  astrattamente riferirsi alla norma dichiarata illegittima; dunque la complessità della combinazione di comportamenti aventi natura prettamente fisica (sottrazione, allontanamento arbitrario) e psicologica (plagio, stato di soggezione, mistificazione) delinea le “coordinate” di questa nuova, ancorchè già diffusa, fattispecie di reato.

Posto ciò, occorre stabilire quali condotte possano ritenersi meritevoli di considerazione ai fini della costruzione di una norma incriminatrice e, prima ancora, della sua individuazione fattuale. Potremmo quindi affermare che, fatti salvi i casi di autentico pregiudizio per il minore derivante da una comprovata pericolosità del genitore che si intende allontanare, ci troviamo di fronte a tale reato allorquando si verifica la combinazione di una o di più condotte come, a mero titolo di esempio, qui di seguito specificate:

  1. un genitore o tutore anche temporaneo che impedisce al minore di relazionarsi personalmente con l’altro genitore;
  2. un genitore o tutore anche temporaneo che impedisce al minore di avere contatti telefonici o postali (anche di posta elettronica) con l’altro genitore;
  3. un genitore o tutore anche temporaneo che impedisce al minore di avere contatti personali con gli appartenenti al ramo familiare dell’altro genitore;
  4. un genitore o tutore anche temporaneo che impedisce al minore di relazionarsi con i soggetti abitualmente frequentati nel periodo precedente la separazione;
  5. un genitore o tutore anche temporaneo che, con dolo, impedisce al minore una regolare frequentazione scolastica, ivi compresa la scuola materna;
  6. un genitore che coinvolge il minore in condotte strumentali a danno dell’altro genitore (es. costringere la prole a richiedere intervento delle forze dell’ordine allo scopo di documentare false accuse di minacce/aggressione);
  7. un genitore che impedisce al minore di relazionarsi con l’altro genitore, mediante l’utilizzo di minacce e intimidazioni, dirette e/o indirette (es. a mezzo di parenti e/o affini del proprio nucleo familiare), che inducano l’altro genitore a temere per la propria incolumità fisica;
  8. un genitore impedisce al minore di relazionarsi con l’altro genitore allontanando quest’ultimo con atti di violenza fisica, diretti e/o indiretti (es. a mezzo di parenti e/o affini del proprio nucleo familiare);
  9. un genitore che, con dolo, impedisce al minore di relazionarsi con l’altro genitore richiedendo, mediante utilizzo strumentale di false accuse, continui interventi delle forze dell’ordine in occasione degli incontri previsti dai provvedimenti del giudice e/o dagli accordi;
  10. un genitore o tutore anche temporaneo che impedisce al minore di ricevere sostegno dall’altro genitore nei periodi di malattia, anche non grave;
  11. un genitore o tutore anche temporaneo che induce nella prole sentimenti di ingiustificata avversione verso l’altro genitore, causando l’insorgenza della Sindrome di Alienazione Genitoriale (PAS);
  12. un genitore che, con dolo, si assenta con la prole dalla casa familiare in corrispondenza degli orari di incontro previsti dal provvedimento del giudice e/o dagli accordi, anche non formalizzati, di cui si possa dimostrare almeno un mese di osservanza;
  13. un genitore che, con dolo, si allontana dalla casa familiare, per periodi prolungati e in occasione delle ferie (estive o invernali), senza aver preventivamente concordato un piano-vacanze con l’altro genitore;
  14. un genitore che, trasferisce unilateralmente la dimora abituale del minore, senza l’accordo dell’altro genitore, ad una distanza tale da rendere difficile o impossibile la relazione del bambino con l’altro genitore;
  15. un genitore che trasferisce arbitrariamente la dimora abituale del minore, senza l’accordo dell’altro genitore, in altro Stato, non rilevando in questo caso la distanza;
  16. un genitore che effettua continue e ingiustificate richieste di denaro, aggiuntive rispetto alla eventuale contribuzione stabilita dal giudice, in cambio di una normale o maggiore frequentazione con il minore.

Alla luce di quanto sin qui delineato, il Legislatore dovrà, nell’immediato futuro, perseguire scelte di politica giudiziaria quanto mai “forti e determinate”, in linea con il costante mutamento del tessuto sociale, volte a sanzionare condotte altamente lesive in primo luogo per il soggetto più debole e svantaggiato – ovvero il minore – ma in definitiva lesive  per l’intera Collettività.

Le frequenti esplosioni di violenza e delitti nell’ambito familiare, quasi sempre dettate da vicende di separazione che nascono nell’attuale e inadeguato contesto normativo, sono il naturale portato di un evidente vuoto legislativo.

Qualcosa è stato fatto attraverso le scelte normative sin qui operate, prima fra tutte la previsione di nuove fattispecie delittuose ed inasprimento delle pene in ordine a reati consumati in danno di minori; o ancora l’ introduzione, con legge 54/2006, del diritto del minore a coltivare un rapporto di equilibrata intensità con entrambe le figure genitoriali; ma ancora lungo è il percorso che possa dare piena attuazione al principio codificato nella Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo e reso in seno all’Assemblea Generale ONU il 20.11.1959: “….il fanciullo, a causa della sua immaturità fisica ed intellettuale, ha bisogno di particolare protezione e di cure speciali, compresa un’adeguata protezione giuridica”.

 

Attuali estensori del documento:

  • Alessio Cardinale (Segretario Nazionale ADIANTUM – Presidente CESTUT)
  • Avv. Claudia Bianco (Foro di Palermo – Delegazione ANFI Palermo, Opera di Giustizia)
  • Avv. Rita Rossi (Foro di Bologna – Persona e Danno)
  • Dr.ssa Carmela Trippodo (Psicologa – Ass. “Psiche, Ius et Labor”)
  • Dr.ssa Daniela Zummo (Psicologa – Ass. “Psiche, Ius et Labor”)