Il dentista durante l’intervento di implantologia dimentica un residuo metallico di fresa: scatta il risarcimento del danno. Al danneggiato basta provare il contratto (o il contatto sociale), cioè la fonte dell’obbligazione: starà al medico dimostrare che nulla è imputabile alla sua condotta. E poi nessuna violazione dell’onere della prova risulta verificata. È quanto emerge dalla sentenza 4198/10.
Il caso. Respinto, nella specie, il ricorso di un dentista e della società specializzata in interventi di implantologia contro la sentenza d’appello che li aveva condannati a risarcire circa quattromilacinquecento euro al cliente. Il paziente – è questa la tesi della difesa – non avrebbe prodotto le radiografie del 1996 quando è stata evidenziata la presenza del residuo di fresa, mentre il medico non avrebbe fornito le radiografie eseguite in occasione dell’impianto del 1998 poiché spettava al danneggiato la prova del fatto lesivo. Contestata anche la certezza che la presenza di un pezzo di fresa nell’osso del cliente fosse determinato dall’intervento.
Motivazione corretta. La Corte di merito – osservano gli “ermellini” – ha indicato analiticamente tutti gli elementi oggettivi e scientifici da cui desume che la dimenticanza è riferibile alla negligenza e imperizia del medico, per la mancanza di controlli adeguati post-intervento. Senza dimenticare, infine, che l’accertamento del fatto dannoso e dell’elemento soggettivo dell’imputabilità per colpa e del nesso di causalità, a prova scientifica certa, risulta verificato con spiegazione analitica e congrua che si sottrae a qualsiasi sindacato di legittimità (cfr. Cassazione, Sezioni unite civili 26972/08 nell’arretrato del 13 novembre 2008).
Commento tratto da D&G.it
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