Il danno catastrofico è esistenziale iure proprio per i congiunti

Scritto il 04 Luglio 2007 in Dc-Danni ai Familiari

I profili di interesse che si traggono da questa recente pronuncia, accurata e lineare, sono più d’uno.

Possiamo dire, nell’ordine:

(i) l’ affermazione sicura e fiduciosa circa la funzionalità del nuovo sistema risarcitorio del danno non patrimoniale, imperniato sulle tre categorie del danno biologico, morale ed esistenziale a presidiare integralmente le esigenze di salvaguardia della persona. Ecco il relativo passaggio: “la recente unificazione nell’ambito del genus del danno non patrimoniale delle tre categorie del danno biologico, morale ed esistenziale (…) risponde a tale esigenza fondamentale (…) Oggi l’esigenza di dare risposta integrale al danno alla persona può sempre trovare adeguata risposta in queste tre voci, che sono proporzionalmente sempre più slegate da criteri predeterminati”.

 

Un’affermazione, però, cui si associa la consapevolezza del giudice/uomo circa la ineluttabilità della sofferenza umana per la perdita; tanto che egli avverte l’esigenza di sottolineare il senso di insoddisfazione che ne deriva: “non potrà mai rimarcarsi abbastanza che la perdita del marito e del padre, nel modo tragico che ha sconvolto le coscienze del Paese e, a maggior ragione, quella dei parenti più intimi del Procuratore, non potrà mai essere ‘integralmente’ compensata da una somma di denaro”;

 

(ii) vi è, poi – snodo centrale della pronuncia – la valutazione relativa alla riparabilità del danno denominato catastrofico (come tale prospettato dagli attori), quale danno da attribuirsi a titolo ereditario, per la consapevolezza avuta dal Giudice della ‘fine’ che lo aspettava, a partire dall’ uccisione dell’amico e collega Falcone.

Il giudicante affronta correttamente la questione puntellando il ragionamento sul principio del divieto di duplicazione delle poste risarcitorie. Se venisse riconosciuto a favore degli attori (a titolo ereditario) il danno catastrofico risentito dal marito e padre, attribuendo poi loro, al tempo stesso, la posta esistenziale di danno per la perdita della relazione con il congiunto, si realizzerebbe – questa l’argomentazione centrale che si legge- proprio quella duplicazione che invece va evitata.

Si ponga attenzione al seguente chiaro passaggio: “Questo tipo di danno (catastrofico), intimamente legato alla natura relazionale della persona (…) e che è bene stato definito ‘esistenziale’, nel momento in cui va ad incidere ingiustamente sulla relazione produce l’effetto dannoso su tutti i membri della relazione. Se si valorizza adeguatamente tale aspetto rispetto al soggetto della relazione rimasto in vita, allora, si incorre in un’inutile (ed illegittima) duplicazione della stessa voce di danno, tenuto conto del criterio di integrale valutazione del danno alla persona, di cui si è detto. In altre parole  non si può ragionevolmente disarticolare il danno alla relazione nella parte relativa al danno di un membro della stessa ( che si trasmette iure ereditario) ed il danno relativo agli altri membri (che spetta invece iure proprio), mentre è possibile risarcire integralmente, sempre in via equitativa e tenuto conto del caso di specie, il danno alla persona che è stata ingiustamente privata di una relazione significativa”.

 

Posta in tali termini la questione, la soluzione è pienamente condivisibile, anche se – val forse la pena evidenziare – quello che è stato qualificato in termini di ‘catastrofico’ potrebbe, più semplicemente, classificarsi quale danno esistenziale tou cour, conseguente alla perdita della consueta vita familiare e affettiva.

Val la pena rammentare, infatti, che la Cassazione ha ravvisato l’essenza del danno catastrofico nella percezione, in capo alla vittima, delle conseguenze letali che si sarebbero prodotte.

Nella vicenda Borsellino, invece, il pregiudizio cui si fa riferimento – con tale locuzione – nella sentenza è tipicamente relazionale,  dato il riferimento alle azioni e al cambiamento dello stile di vita attuato dal Giudice in conseguenza dell’omicidio dell’amico Falcone: “all’indomani della strage aveva deciso di allontanarsi affettivamente dai figli per rendere meno traumatico il momento della sua uccisione, che intuiva essere ormai prossima. Analizzando un momento questo comportamento del giudice Borsellino, si coglie subito che nello stesso momento in cui è un danno per il padre, è anche un danno per i figli, privati dell’affetto del padre, e per la moglie, costretta ad assistere allo strazio interiore del marito”: danno esistenziale senza meno, appunto, ovverosia, scelte di vita obbligate, l’intensità degli affetti coartatamene smorzata, una quotidianità affatto diversa da prima, senza più il pranzo e la cena attorno ad un medesimo tavolo, e il venir meno di ogni scambio legato alla consuetudine di vita familiare.

(iii) Un ultimo aspetto, infine, merita di essere considerato, e si tratta della liquidazione del danno esistenziale e del danno morale.

 

Sotto il primo profilo, va certamente apprezzata la scelta di personalizzazione, compiuta dal giudice: “il danno esistenziale (…) va differenziato secondo le caratteristiche di ogni persona” , e così in base alla valutazione dell’età di ciascuno dei figli, della natura della relazione (padre-figli, marito-moglie), nonché delle particolari condizioni di salute pre-esistenti di uno dei figli.

Un piccolo rilievo critico non può però mancare (uno soltanto), sul punto della intensità della relazione: i figli – motiva il giudice – hanno diritto ad una somma maggiore per lo specifico dovere costituzionale dei genitori di provvedere alle loro esigenze. E’ anche vero, però – osserviamo – che i figli, peraltro maggiorenni, sono orientati inevitabilmente verso scelte e progetti di vita autonomi che, nonostante il dolore e le ripercussioni esistenziali della perdita, potranno in parte produrre un effetto compensativo. Diverso, verosimilmente, il discorso per la moglie, il cui progetto realizzativo era presumibilmente centrato sul trascorrere il resto della vita insieme con il coniuge.

Riguardo al danno morale, da ultimo. Gli attori avevano domandato una quantificazione maggiorata, pari esattamente ad una percentuale del 50-75% del danno da invalidità totale; e ciò a motivo del fatto che doveva farsi luogo ad una condanna “esemplare”.

La domanda viene accolta, con una liquidazione di tale posta che supera di un buon 16 % la percentuale massima ordinariamente riconosciuta sulla piazza palermitana (pari, questa, al 50% del danno biologico). Segno indubitabile che la considerazione del dolo, e della particolare efferatezza dell’illecito è in grado di incidere sulla determinazione della sanzione risarcitoria.

Visualizza il testo integrale