Abbandono del tetto nella crisi: non è addebito

Scritto il 12 Luglio 2013 in Dc-Separazione e divorzio

(Cass., sez. I, n. 16285/2013)

Sull’ addebito della separazione la Suprema Corte torna a ribadire il principio secondo cui deve escludersi l’efficacia lesiva del comportamento del coniuge il quale abbandoni il tetto coniugale quando la vita di coppia risulti già compromessa irrimediabilmente.
In tale ipotesi, infatti, non vi sarebbe alcuna violazione o condotta contraria ai doveri coniugali.

Il caso in questione vede un marito presentare ricorso innanzi alla Cassazione, dolendosi del fatto che la sua domanda di addebito non fosse stata presa in considerazione nei precedenti gradi di giudizio. Tale domanda si fondava sulla presunta condotta contraria ai doveri coniugali posta in essere dalla moglie la quale aveva abbandonato la casa coniugale lasciando un biglietto sul tavolo.

Secondo i giudici dei gradi precedenti il marito, fondando la domanda di addebito sulle modalità dell’abbandono e sull’affermata lesività del contenuto del biglietto, non avrebbe in alcun modo contestato la criticità in cui versava il rapporto coniugale, ammettendo la preesistenza di una situazione intollerabile di convivenza.

Come osservato dagli ermellini, la Corte Territoriale “si è limitata doverosamente a constatare l’infondatezza della doglianza, escludendo qualsiasi rilievo in merito all’abbandono del domicilio e alle sue modalità”. Questa decisione è quindi intervenuta nel pieno rispetto dell’orientamento consolidato della Cassazione circa l’irrilevanza, ai fini dell’addebito, di tutte quelle condotte successive e sopravvenute in un contesto di disgregazione della comunione spirituale e materiale: una situazione, cioè, stabilizzata di reciproca autonomia sostanziale di vita, non più caratterizzata dalla “affectio coniugalis“. (Federico Tufano)