Questo provvedimento del g.t. di Como presenta più di un profilo di interesse.
1. Innanzitutto, il fatto che la nomina dell’amministrazione di sostegno viene do-mandata dalla diretta interessata, la quale, consapevole del proprio ‘anomalo‘ rapporto con il denaro, cerca di correre ai ripari prima ancora che il latte venga versato.
In effetti, non avviene così di frequente che qualcuno, interessato da qualche deficit di natura psichica, sia in grado di vedere con tanta lucidità la propria condizione, i rischi ad essa connessi, e, soprattutto, sia in grado di intravedere ed intraprendere la via d’uscita.
Segno, dunque, che l’amministrazione di sostegno non viene affatto vista dai potenziali utenti come istituto insidioso, e portatore di stigma, ma – al contrario – come strumento di effettiva protezione, cui poter rivolgersi con fiducia e senza particolari complessità procedurali.
Qui, in particolare, la ricorrente rappresentava e documentava di essere affetta da “omniomania”, ossia “da un allentamento dell’esame di realtà e della coscienza relativamente al limite consono alle sue effettive disponibilità economiche e relativamente al rapporto che intrattiene con la gestione del denaro”.
2. Altro profilo da apprezzare è poi la completezza del decreto per ciò che con-cerne l’individuazione dei poteri attribuiti al ‘vicario’ e degli spazi di sovranità conservati in capo alla beneficiaria: completezza che si coglie non soltanto nella ripartizione dei poteri gestionali rispetto agli atti di natura patrimoniale, ma anche nella scrupolosa puntualizzazione – per ciò che attiene all’ area più strettamente esistenziale – che la persona beneficiaria ha in ogni caso facoltà “di compiere senza necessità di assistenza dell’ ADS tutti gli atti inerenti i diritti umani e civili fondamentali (quali diritti di scelta in ordine a situazione abitativo-esistenziale, interventi terapeutici e chirurgici, diritto al cd. ‘testamento biologico’, elettorato attivo e passivo”.
Non è detto, tra l’altro, che tale puntualizzazione fosse necessaria, dato l’ambito prettamente patrimonialistico dell’incapacitazione disposta; eppure, proprio per questo da apprezzare, denotando essa una motivazione non così usuale a ‘fare le cose per bene’.
3. Soprattutto, a rendere particolarmente interessante il provvedimento, è – senza alcun dubbio – la scelta compiuta dal g.t. comasco sul raggio dell’ incapacitazione negoziale.
Che nella specie si trattasse di un patrimonio di una certa consistenza, sembra doversi dedurre dal fatto che alla beneficiaria viene conservata la possibilità di disporre liberamente della somma mensile di 2.500,00 euro; quanto meno, non si trattava qui di decidere soltanto per la riscossione e gestione di una misera pensione o di un modesto stipendio.
Come individuare, allora, l’ambito di ciò che doveva venire ‘vietato’ alla beneficiaria, rispetto a ciò che, invece, andava preservato alla sua autonomia gestionale, per proteggerla senza, tuttavia, mortificarla? Si trattava, a ben vedere, di una scelta non facile.
Il g.t. ha ragionato in questo modo: scegliendo, cioè, di incapacitare totalmente la beneficiaria relativamente alla gestione complessiva del conto corrente a lei intestato (con attribuzione, dunque, dei relativi poteri all’amministratore in via esclusiva), e ritagliando – quindi – lo spazio di sovranità gestionale nella possibilità di pagamenti/prelievi con la carta bancomat lasciata nella disponibilità della donna.
Una rete a maglie troppo larghe, questa, dato il rischio di prelievi continuativi e quotidiani tramite bancomat? Un rischio, effettivamente, da non escludere a priori; e, tuttavia, presidiato sia dai limiti quantitativi di disponibilità periodica che sono notoriamente connessi all’utilizzo del servizio bancomat, sia, comunque, dalla supervisione del vicario, investito in via esclusiva – come si è visto – della gestione del conto.
4. Da sottolineare, infine, l’ulteriore salvaguardia della possibilità di agire della beneficiaria contenuta nell’elenco degli atti di natura patrimoniale che questa potrà compiere, nonostante l’incapacitazione funzionale, seppure con l’assistenza dell’amministratore; e si tratta di atti rilevanti, quali alienazioni di beni, o più in generale di straordinaria amministrazione.
Ecco, allora, un provvedimento da tenere ben presente, e da annotare quale esempio del fatto che anche la gestione patrimoniale complessa, che sia a rischio per le condizioni di inadeguatezza della persona, può essere adeguatamente presidiata dalla nuova misura di protezione, la quale potrà modularsi in concreto come ventaglio da spiegare o ricomporre a seconda delle necessità.