Genitori che non hanno l’età per amare

Scritto il 16 Settembre 2011 in Diritto di Famiglia

Che differenza passa tra casi celebri di genitori in età avanzata (per tutti il caso di Gianna Nannini) e il caso apparso oggi sulla stampa della piccina di sedici mesi allontanata d’autorità dai genitori un po’ attempati?

La differenza fondamentale è che nel caso della nota cantautrice nessun giudice si è indignato, né si è armato di carta e penna per allontanare il nato dal genitore (e ci sarebbe mancato altro!), mentre nella vicenda odierna un tribunale per i minorenni ha deciso di togliere la piccola ai propri genitori.

Qualcosa però non torna nel confronto e stride, anzi, con il principio sancito a chiare lettere nel nostro ordinamento secondo cui il bambino ha diritto di crescere nella famiglia d’origine; fanno eccezione i casi in cui vi sia un comprovato stato di abbandono materiale e/o affettivo; ma anche in tali situazioni, i provvedimenti restrittivi della potestà possono essere assunti soltanto qualora le forme di aiuto alla famiglia (da parte dei Servizi sociali) non siano valse a superare le difficoltà.

Ma, non pare – da quanto emerge sui giornali – che alla base di una decisione così aspramente punitiva vi fosse una condizione di abbandono con simili caratteristiche.

Sarebbe, infatti, una forzatura considerare quel singolo episodio che viene riferito dai media – la bambina lasciata in auto mentre il papà scaricava la spesa – quale stato di abbandono tale da fondare l’allontanamento.

E’ evidente che la ragione è un’altra.

 

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L’età allora, dato che nel decreto la coppia di genitori viene stigmatizzata per avere portato avanti una volontà di onnipotenza, un desiderio egoistico.

Ma – chiedo – esiste qualcuno al mondo che procrea per finalità altruistiche? E chi abbia masticato appena un po’ di diritto sa bene che i motivi interiori che conducono ad una determinata scelta sono irrilevanti per la legge.

Eccessivo desiderio di diventare genitori? Sì, può darsi, ma è una scelta questa esecrabile? Difficile sostenerlo, e – soprattutto – si tratta di una scelta del tutto personale che non può essere assunta alla base di una decisione di allontanamento di un figlio.

Purtroppo – ed è un male comune a molti tribunali per i minorenni – spesso il giudice recepisce acriticamente la valutazione degli operatori sociali o del perito, e qui occorrerebbe aprire un’altra riflessione.

Concordo con chi ha scritto che il tribunale deve decidere sulla base di fati oggettivi e non delle opinioni di un tecnico che effettua un’indagine di personalità. Eppure, tante volte, troppe volte accade proprio questo, alla faccia del principio del giusto processo. Gli esiti sono spesso questi: si travalica l’ordinamento giuridico per affermare propri convincimenti soggettivi ed etici.