Quando si è separati si può impedire la frequentazione del figlio con il partner dell’altro genitore?
Questa domanda mi è stata rivolta tantissime volte. Uno dei sentimenti più potenti, nelle separazioni, è l’avversione nei confronti del nuovo compagno o della nuova compagna dell’altro genitore. E questa avversione nasce spesso dalla paura che quel tizio possa in qualche modo prendere il proprio posto nel cuore e nell’esistenza del proprio figlio minore.
Mi riferisco, beninteso, alle separazioni più aspre e conflittuali!
Molte volte è il papà che si oppone al rapporto tra il compagno della moglie e il figlio minore. E questo si spiega con il fatto che i padri sono quasi sempre i genitori che non convivono stabilmente con i figli minori. E di conseguenza essi sentono di non avere il controllo della vita dei propri bambini. Ma, ovviamente, sono numerosi anche i casi in cui è la mamma a preoccuparsi per l’invasione di campo di un terzo a lei estraneo!
Ma perché questa reazione quando, dopo tutto, è già intervenuta la separazione o comunque ci si sta separando?
Come dicevo, tanti genitori vorrebbero impedire la frequentazione del figlio con il partner dell’altro genitore per paura di perdere il proprio posto accanto al figlio.
Ma i motivi sono anche altri, legati alla gelosia pura nei confronti del nuovo partner dell’altro,
Considera che tante volte la separazione è voluta da uno soltanto dei due, e che ciascun genitore è naturalmente legato da un affetto profondo ai propri figli; e, allora, vuole proteggere l’esclusività di quel rapporto insostituibile. Le ragioni, dunque, sono psicologiche.
Elaborare una separazione è quasi sempre difficile, soprattutto per quello dei due coniugi che subisce la decisione dell’altro. L’idea che un terzo, uno sconosciuto si intrometta è dura da accettare; anche perchè potrebbe trattarsi di una persona portatrice di valori diversi dai propri.
Da qui la volontà di impedire che il proprio bambino possa incontrare quello sconosciuto, per impedire la possibilità di condizionamenti indesiderati.
Impedire la frequentazione del figlio con il partner dell’altro genitore potrebbe essere dovuto anche a ragioni piú materiali: la casa per esempio.
Ma vi è anche un’altra ragione che induce questa contrarietà ed è il timore che il partner dell’altro possa impossessarsi della casa, trasferendovisi a vivere.
Se questo dovesse succedere potrebbero aversi, in effetti, due conseguenze negative:
- prima di tutto, l’intensificarsi del legame tra il minore e il terzo;
- inoltre, il genitore ‘estromesso’ dalla casa familiare, pur essendone proprietario o comproprietario, subirebbe la beffa di vedere che un estraneo la abita e ne usufruisce, pur non avendovi diritto e, oltretutto, a titolo gratuito.
Ma cosa stabilisce la legge al riguardo?
Vediamo, a questo punto, se la legge prevede delle regole al riguardo e se vi siano soluzioni.
Orbene, la legge non dice se i figli minori della coppia possano frequentare il partner del genitore; e il silenzio si spiega con il fatto che, oggigiorno, è normale che sciolta una coppia se ne formi un’altra e che anche i figli vengano coinvolti. Questo è inevitabile.
La sola regola che troviamo nella legge è quella dettata dall’art. 337 sexies del codice civile. Essa stabilisce che il genitore assegnatario perda il diritto di abitare nella casa familiare qualora passi a nuove nozze o vi conviva more uxorio con un terzo; semprechè ovviamente si tratti di casa appartenente in proprietà o in comproprietà all’altro genitore.
Questa regola, tuttavia, non torna utile al caso nostro.
Essa, infatti, si riferisce alla convivenza stabile con il nuovo coniuge o partner, ipotesi diversa dalla semplice frequentazione tra questi e il minore di cui stiamo parlando!
I giudici, inoltre, tendono a considerare questa norma non applicabile dovendo essere salvaguardato l’interesse della prole a rimanere nel consueto habitat familiare. Se venisse revocata l’assegnazione della casa, infatti, anche il minore dovrebbe trasferirsi al seguito del genitore convivente, con conseguente danno a suo carico!
Dunque, non ci sono norme di legge cui attaccarsi per impedire quella frequentazione.
Si può, tuttavia, cercare di raggiungere un’intesa con il proprio ex, in modo da stabilire, nero su bianco, che i rapporti tra il terzo e il figlio minore debbano essere stabiliti gradualmente.
Attenzione, però: questa regola impegna il genitore sul piano personale/morale, ma non dà vita ad un obbligo giuridico, che cioè possa essere fatto valere coattivamente nel caso di mancata osservanza spontanea.
Ti consiglio, ad ogni modo, di pretendere l’inserimento di questa clausola se ci tieni a preservare il tuo bambino, almeno per un certo tempo, dall’instaurarsi del rapporto con il partner del tuo ex.
Per il resto, tieni presente che il giudice potrebbe limitare la possibilità di incontro tra il minore e il partner del genitore nella sola ipotesi in cui risultasse che il partner è persona non raccomandabile, magari perché resosi autore di comportamenti illeciti o negativi per tuo figlio.
Qui puoi leggere di un caso deciso dal tribunale di Milano nel 2013.
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