Figlia quarantenne pigra a carico del padre pensionato? Il Tribunale di Roma, con sentenza 13 febbraio 2014 n. 3434, esprime un orientamento avanzato che, senza discostarsi dal dictum della Suprema Corte riguardo al mantenimento dei figli maggiorenni, fornisce nuovi elementi chiarificatori in ordine alla ripartizione dell’onere della prova.
Come noto, l’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne non viene meno con il compimento, da parte di quest’ultimo, della maggiore età ma al raggiungimento di un’indipendenza economica, ritenuta tale quando il figlio: – percepisca un reddito proporzionato alla professionalità acquisita all’esito del proprio percorso formativo; – si trovi concretamente nella condizione di essere economicamente autosufficiente; – non svolga nessuna attività lavorativa per sua scelta o inerzia, e dunque per colpa. L’onere di provare la raggiunta autosufficienza economica spetta al genitore interessato alla revoca dell’obbligo di mantenimento.
E’ proprio in ordine al concetto di inerzia e all’ onere della prova della raggiunta indipendenza economica che la sentenza in esame offre un significativo contributo esplicativo.
Il Tribunale, innanzitutto, afferma che in presenza di un’età sufficientemente adulta, non oggettivamente determinabile ma che va individuata caso per caso, si possa rilevare l’esistenza di una “presunzione di inerzia”, che trasferisce sul soggetto interessato a ricevere il mantenimento – e, dunque, sul figlio – l’onere di provare di essersi attivato per la ricerca di un impiego retribuito.
E aggiunge ancora il tribunale che, qualora, tenuto conto dell’età e del ciclo di studi, non sia possibile ritenere ancora “naturale” il mantenimento di uno dei genitori, il figlio dovrà dimostrare di essersi attivato con ogni mezzo e secondo le sue concrete possibilità per trovare una collocazione lavorativa.
Nella fattispecie concreta, i giudici romani osservano, condivisibilmente, che il non aver trovato un lavoro retribuito, alla soglia dei quarant’anni, comporta la cessazione dell’obbligo del mantenimento a carico del padre. E osserva, ancora, il Tribunale, come la giovane non avesse terminato, nell’arco di circa vent’anni, il ciclo di studi, talchè era del tutto irrilevante l’ottenimento di buoni risultati scolastici.
Vi sono, poi, altri due profili della sentenza in commento degni di essere riportati: – il primo: lo svolgimento di lavori part-time non giustificati da necessità economiche, essendo queste già coperte dall’assegno del genitore, costituisca ulteriore prova dell’inerzia del figlio; – non è il genitore a doversi attivare per trovare un lavoro al figlio, una volta che questi abbia ultimato o interrotto gli studi, perché questo porrebbe il medesimo in una “assoluta incapacità di agire palesemente contraddetta dalle stesse previsioni di legge” .
Nell’insieme, si tratta dunque di precisazioni utili a limitare l’estensione sine die dell’ obbligo di mantenimento da parte dei genitori.
Concludendo, nell’ottica della recente riforma minore-centrica, con la quale si è finalmente parificato lo status dei figli e per effetto della quale la voce del minore è destinata a venire sempre più ascoltata, è sicuramente necessario rafforzare il processo di responsabilizzazione dei figli sul terreno qui in considerazione. L’auspicio è quello della riduzione dei casi in cui un genitore si ritrovi a dovere mantenere un figlio più che adulto, il quale magari per pura inerzia ha approfittato della situazione, giocando un po’ troppo a fare il peter-pan sulle spalle dei genitori, gravati oltretutto dall’onere di dimostrare la raggiunta indipendenza economica dei figli. (Federico Tufano)