Un quotidiano pubblicava un articolo, firmato da un parlamentare, giudicato, al termine di un processo di appello, gravemente accusatorio ed offensivo nei confronti di due magistrati, in quanto teso ad attribuire un pesante disvalore alle scelte operate dai richiamati giudici distorcendo i rapporti tra l’Arma dei Carabinieri ed una Procura siciliana, narrati come “una guerra ai carabinieri che non è mai finita”.
L’articolo in questione, in particolare, qualificava come “giochino” e “giocattolo rotto” l’operato dei due giudici, sino a giungere ad accusarli di “deviazionismo dai doveri istituzionali”, significando in modo strumentale il loro contrasto con l’operato di alcuni Carabinieri, già collaboratori fidati di due magistrati simbolo, che si erano occupati di mafia sino al sacrificio personale.
Le espressioni usate nell’articolo venivano giudicate dalla corte territoriale del tutto scorrette “nel riferire opinioni e nell’operare ricostruzioni che trascendono nella gratuita aggressione della sfera morale altrui”, così gettando un disvalore complessivo sui magistrati e sulle loro funzioni, offendendone l’onore ed il decoro, e ciò riflettendosi “sulle qualità delle persone in rapporto al compito loro affidato dalla legge”.
Condannato per diffamazione commessa col mezzo della stampa il direttore del quotidiano che non aveva impedito, come d’obbligo, la pubblicazione, la Cassazione ha giudicato congruo l’importo di 50.000 Euro in favore di ciascuna parte liquidato quale risarcimento a titolo di danno esistenziale.
Secondo gli ermellini, infatti, l’importo liquidato “è rapportato agli stessi precisi indici di gravità della condotta del direttore responsabile” illustrati nella motivazione resa nel contesto ed incontrovertibili.
Si tratta, afferma ancora la Suprema Corte, “di danno da reato d’opinione rapportato all’enormità del tema ed alle implicazioni della contrapposizione degli offesi all’immagine di colleghi uccisi nell’adempimento degli stessi compiti, divenuti simboli nell’opinione corrente.
Di qui la gravità dell’attribuzione agli occhi dei lettori e perciò l’entità del danno esistenziale di ciascuno, che si rapporta ad un metro immediatamente riconoscibile”. (Paolo Russo)