E’ risarcibile il danno subito dai familiari nel caso di diagnosi ginecologica tardiva? Come nel caso in cui una neoplasia all’ apparato ginecologico venga diagnosticata in ritardo e, a causa della diagnosi tardiva, la sopravvivenza della paziente venga ridotta?
Casi come questo giungono frequentemente all’attenzione del giudice e le sentenze in argomento sono generalmente favorevoli alle vittime, o, in caso di premorienza, ai loro congiunti.
Oggetto di accertamento da parte del giudice sarà, in queste situazioni, il nesso di causalità tra il ritardo e l’esito verificatosi a carico della paziente. In altri termini, si tratterà di stabilire se effettivamente il ritardo nella diagnosi abbia condizionato negativamente la sopravvivenza della donna.
Un caso recente
Una donna in perimenopausa si affida ai controlli del consultorio di una città emiliana. Siamo nel 1999, ma soltanto a seguito di un ricovero nel 2003 le viene diagnosticato un tumore maligno, dall’esito letale.
Il marito e i due figli della donna fanno causa all’Azienda USL la quale contrasta la domanda di risarcimento sostenendo che la neoplasia diagnosticata era di natura complessa e rara, talchè non erano ravvisabili negligenze dei medici; e, in ogni caso – proseguiva l’azienda – quand’anche il tumore fosse stato diagnosticato nel 2002 alla donna sarebbero rimasti soltanto ventuno mesi di vita.
Veniva disposta una perizia, che concludeva nel senso che ritardo diagnostico vi era stato, mentre, qualora accertata prima la neoplasia, la sopravvivenza avrebbe potuto essere prolungata con le terapie del caso.
Il caso è stato deciso dal tribunale di Modena, con sentenza del 18.10.2011, che ha riconosciuto, in favore degli eredi della vittima, il danno non patrimoniale, liquidato per somma pari a 82.855,00 euro, oltre ad interessi e spese legali.
Il danno viene riconosciuto come si dice tecnicamente iure ereditario e non iure proprio. Che cosa significa questo?
Poiché – ha ritenuto il giudice – la diagnosi, qualora fosse stata tempestiva, non avrebbe comunque evitato la morte, e, dunque, la donna non sarebbe in ogni caso sopravvissuta, non poteva essere risarcito ai familiari il danno dagli stessi direttamente subiti per la perdita della congiunta.
Quindi, il danno indennizzabile era quello subito direttamente dalla paziente, e corrispondnete ad una durata ridotta della sopravvivenza, dopo la diagnosi.
In pratica, è stato risarcito il danno consistente nella riduzione della durata della vita, riduzione attribuibile al ritardo nella diagnosi.
Chi intenda ottenere il risarcimento dalla struttura ospedaliera e dai medici responsabili dell’errore sanitario deve, prima di tutto, sottoporre il proprio caso all’esame di un avvocato competente. Soltanto una disamina approfondita di tutti i profili garantirà di avviare il contenzioso potendo contare sulla fondatezza della propria posizione.
Non è detto, infatti, che quello che può sembrare un ritardo diagnostico sia effettivamente tale, sul piano tecnico. Capire esattamente di chi siano e quali siano le responsabilità nel caso concreto è estremamente complesso e bisogna diffidare di coloro che danno responsi sull’esistenza di una responsabilità medica in quattro e quattr’otto, magari anche per via telefonica.
E’ poi importante agire nei confronti di un medico o di un operatore sanitario soltanto quando si hanno sufficienti elementi per affermarne la responsabilità: in caso contrario, si rischia di danneggiare l’immagine professionale di chi, magari, sta facendo bene il proprio mestiere, e ciò con danno alla collettività, cioè agli altri cittadini che potrebbero avere bisogno di quel medico.
Come richiedere il risarcimento in caso di diagnosi ritardata da parte del ginecologo?
Il primo passo è, dunque, quello di rivolgersi a professionisti competenti, che conoscano bene per competenza ed esperienza la difficile materia della cd. malpractice medica. .
Le situazioni che si presentano sono spesso diverse l’una dall’altra, e non esistono risposte precostituite, o comunque, casi standardizzati, uguali agli altri.
Per questo è importante chiedere all’avvocato una verifica preliminare del caso, e procedere alla domanda di risarcimento o alle denunce penali soltanto qualora l’avvocato ravvisi gli estremi per procedere.
L’avvocato si avvarrà, spesso, di una consulenza medico-legale, per ogni conseguente valutazione circa l’opportunità di affrontare la causa.
Nel caso in cui il ritardo nella diagnosi di una patologia all’apparato riproduttivo determini non la perdita della vita ma un aggravamento della patolgia o maggiore difficoltà terapeutica, allora il risarcimento spetterà alla paziente stessa, la quale potrà chiedere e ottenere il risaricmento per il danno biologico subito, ma anche per il danno morale ed esistenziale.
Nei casi più gravi, in cui il ritardo diagnostico sia alla base, addirittura, della mancata sopravvivenza della paziente, saranno i familiari (conviventi o meno) a poter esigere l’indennizzo: in questo caso, essi potranno ottenere non soltanto il danno subito da loro direttamente per la perdita della loro congiunta, ma anche il dnano che sarebbe spettata a questa qualora fosse sopravvissuta.
Come è evidente, dunque, individuare le voci di danno risarcibili è operazione che richiede un’analisi attenta ed approfondita. Per tale motivo, è consigliabile affidarsi a professionsiti che abbiano maturato competenza nel settore.
Quando si prescrive la domanda di risarcimento per diagnosi ginecologica tardiva ?
La domanda di risarcimento per diagnosi ginecologica tardiva deve essere presentata entro dieci anni dall’evento dannoso.
Lo Studio non assume incarico di assistenza allorquando risulti all’evidenza trattarsi di richieste pretestuose ed infondate, essendo qui in gioco il dovere di rispetto per la dignità e l’identità professionale del personale sanitario.