Nel caso in cui da un intervento sanitario necessario ed eseguito correttamente sia derivato un peggioramento delle condizioni di salute del paziente, questi può ottenere il risarcimento del danno dimostrando che, ove fosse stato compiutamente informato dei pericoli, egli avrebbe presumibilmente rifiutato di sottoporsi all’intervento stesso.
E ciò in relazione al pregiudizio del diritto all’autodeterminazione del paziente (realizzatosi mediante l’omessa informazione da parte del medico).È questo il nucleo della recentissima decisione pronunciata dagli Ermellini lo scorso 9 febbraio.
I giudici della Suprema Corte richiamano il definitivo “approdo” ermeneutico secondo cui il consenso informato attiene alla fase propriamente contrattuale del rapporto medico-paziente, la quale si instaura per effetto dell’intervento anche solo diagnostico del sanitario. Conseguentemente, il consenso del paziente all’esecuzione della prestazione terapeutica costituisce un obbligo il cui adempimento deve essere provato dalla parte che l’altra assuma inadempiente, dunque dal medico.
Confermato tale baluardo interpretativo, i giudici di legittimità rilevano che la violazione dell’obbligo informativo determina ex se la lesione del diritto alla libera e consapevole autodeterminazione del paziente, e, dunque, costituisce una autonoma fonte di responsabilità, in quanto rende l’intervento terapeutico eseguito di per sé illecito, a nulla rilevando a riguardo l’assenza di qualsiasi profilo di colpa professionale nell’esecuzione dello stesso.
Il diritto all’autodeterminazione, infatti, differisce dal diritto alla salute, sostanziandosi nella facoltà di scegliere tra le diverse possibilità di trattamento medico, e altresì di eventualmente rifiutare la terapia o di decidere consapevolmente di interromperla. E così, mentre in presenza di consenso può configurarsi lesione della salute (qualora la prestazione terapeutica risulti inadeguatamente eseguita); parimenti, può esservi lesione del diritto all’autodeterminazione senza lesione della salute, come avviene quando l’intervento terapeutico abbia avuto esito positivo. Ciò non esclude che la mancanza di consenso possa assumere rilievo ai fini risarcitori anche in assenza di lesione alla salute per tutte le conseguenze pregiudizievoli derivate dalla lesione del diritto all’autodeterminazione in sé.
Esempio tipico – riportato nella stessa pronuncia in commento – quello della donna non informata della malformazione del feto che non può scegliere liberamente di abortire.
D’altra parte, il danno alla salute che non sia ascrivibile ad errore medico può essere risarcito soltanto se il paziente provi che egli avrebbe rifiutato l’intervanto qualora fosse stato adeguatamente informato delle possibili complicazioni di esso.