Questa sentenza della Cassazione è stata divulgata nelle ultime ore come se avesse introdotto un principio innovativo, quello dell’obbligatorietà del mantenimento del figlio naturale, da parte del genitore non convivente con questi.
Eppure, tale regola iuris era già nota ed applicata, discendendo direttamente dal disposto degli artt. 148 e 155 c.c. Si tratta, dunque, più semplicemente, di conferma di principi vigenti, coerenti del resto alla parificazione del trattamento spettante ai figli naturali rispetto ai figli legittimi, voluta dalla Costituzione.
Una novità riguardo alla disciplina sostanziale, in realtà, la si ritrova nella sentenza, ed è laddove si ribadisce che – riguardo al mantenimento – la regola è quella del mantenimento diretto da parte di ciascun genitore, essendo la previsione dell’assegno soltanto eventuale e perequativo. Sappiamo, però, che presso non poche sedi giudiziarie le cose non vanno esattamente così.
Innovativa è, piuttosto, l’affermazione della ricorribilità in Cassazione della pronuncia d’appello che abbia statuito in merito all’affidamento e al mantenimento dei figli naturali; un principio che va in controtendenza – come osserva lo stesso relatore – rispetto all’orientamento negativo, consolidato nella giurisprudenza di legittimità: “Ritiene, tuttavia, il Collegio che a diversa soluzione debba pervenirsi, alla luce del recente intervento normativo di cui alla l. n. 54 del 2006. Tale legge, esprimendo un’evidente scelta di assimilazione della posizione dei figli naturali a quelli nati nel matrimonio, quanto al loro affidamento, precisa all’art. 4 comma 2 “le disposizioni della presente legge si applicano anche (…) ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati”. Dunque, sono applicabili anche in questo settore le regole introdotte dalla predetta legge per la separazione e il divorzio: potestà esercitata da entrambi i genitori, decisioni di maggior interesse di comune accordo (con intervento diretto del giudice in caso di contrasto), quelle più minute assunte anche separatamente, privilegio dell’affidamento condiviso rispetto a quello ad uno solo dei genitori, che comunque può essere disposto, quando il primo appaia contrario all’interesse del minore; assegno per il figlio in subordine, essendo preminente il principio del mantenimento diretto da parte di ciascun genitore”.
Ma, aggiunge ancora il Collegio, le innovazioni introdotte apportano altresì importanti cambiamenti processuali, allontanando il procedimento di affidamento dei figli naturali da quello ex artt. 330 ss c.c. e assimilandolo al procedimento per separazione e per divorzio; né è di ostacolo la natura camerale del procedimento avanti al tribunale per i minorenni.
Da qui in avanti, dunque, le decisioni sull’affidamento, sul mantenimento e sull’assegnazione della casa coniugale saranno, dunque, ricorribili anche in Cassazione.