La PAS è sdoganata, finalmente. Avrete letto della recentissima sentenza della Corte di Cassazione, l’ultima in tema di alienazione genitoriale, appunto.
Sono già usciti vari commenti positivi, e d’altra parte sarebbe difficile contestare la bontà di questa decisione (n. 6919 del 2016).
Nell’incertezza che era seguita alle due precedenti pronunce del 2013 (le quali avevano espresso due orientamenti opposti) questa chiarificazione era più che attesa! E speriamo che il dissidio interno alla I Sezione del Supremo Collegio sia così superato definitivamente.
Dunque, dicevo, una decisione che sdogana la PAS, vediamo come.
Il caso deciso era stato mal gestito prima dal Tribunale per i Minorenni di Milano e, poi, dalla Corte d’Appello di Milano.
Di fronte al rifiuto di una bambina di incontrare il padre, i giudici milanesi avevano evitato di ricercare le cause di quel rifiuto e avevano sospeso i rapporti tra la bambina e il padre. Decisioni pilatesche, per usare un eufemismo! decisioni prese nonostante fosse risultato chiaro che il genitore alienato (in quel caso, il padre) non aveva alcuna responsabilità.
La Suprema Corte accoglie il ricorso, cassa la decisione di merito, che ora dovrà essere rifatta, e bacchetta i primi giudici.
Leggiamo questo passaggio della sentenza:
“La corte d’appello ha disposto l’interruzione della frequentazione del padre con la figlia in ragione della indisponibilità o avversione manifestata nei suoi confronti dalla ragazza, senza una approfondita indagine sulle reali cause del suo atteggiamento e seguendo l’indicazione finale del c.t.u., sebbene questi avesse evidenziato anche i rischi che la distanza dalla figura paterna potesse nel tempo arrecare alla ragazza e, soprattutto, le analoghe criticità dei rapporti della ragazza con la madre, caratterizzati da “ambivalenza e aggressività”.
E ancora: “La decisione di escludere, in sostanza, il padre dalla vita della figlia appare come il risultato di una acritica adesione alle conclusioni finali del c.t.u., piuttosto che essere determinata da suoi non precisati comportamenti riprovevoli (cui la stessa corte mostra di non attribuire rilievo, non soffermandosi su di essi e sulle relative fonti di prova…)”.
Ma non c’è solo questo nella decisione appena sfornata.
Io vi trovo, soprattutto, l’intento di riempire di significato concreto quella che oggi si chiama ‘responsabilità genitoriale’.
La Cassazione ci dice, senza mezzi termini, che la valutazione della capacità dei genitori separati di crescere e di educare il figlio va fatta tenendo conto anche della capacità di garantire al figlio salde relazioni affettive con entrambi i genitori, cooperando nella sua assistenza, educazione e istruzione.
E allorquando questo non accada, quando cioè il diritto alla bigenitorialità venga calpestato da uno dei genitori, il giudice dovrà tenerne conto per valutare l’idoneità del genitore ai fini dell’affidamento o di collocamento del figlio minore.
Pas o non Pas, l’epoca dell’indulgenza verso il genitore malevolo sembra avviata sulla via del tramonto.
E cosa viene chiesto ai giudici?
Le indicazioni non mancano.
Eccole, in sintesi:
1) in primo luogo, il giudice avrà l’obbligo, e dunque non una mera facoltà, di accertare i comportamenti del genitore alienante; non potrà lavarsene le mani, ma potrà prendere decisioni che nei fatti sono totalmente distruttive della relazione tra genitore e figlio, come quella di sospendere i rapporti di frequentazione. Detto per inciso, nei casi che mi sono capitati, in cui il giudice ha disposto la sospensione, i rapporti tra genitore e figli non sono più ripresi. E come avrebbero potuto?
2) Per fare chiarezza sulla situazione, il giudice potrà avvalersi di tutti i mezzi di prova, comprese le presunzioni.
3) il giudice dovrà offrire adeguata motivazione in merito, dovrà dunque spiegare le ragioni per le quali ritiene sussistente o meno l’alienazione parentale
4) le condotte alienanti di un genitore, qualora accertate e ritenute sussistenti, dovranno essere tenute in considerazione nella decisione relativa all’affidamento/collocamento del minore. Questo passaggio è di fondamentale importanza poiché indica il tipo di provvedimento-rimedio che la cassazione ritiene applicabile nel caso in cui venga riscontrato il comportamento di allontanamento del figlio dell’altro genitore: la modifica dell’affidamento o della collocazione, appunto.
5) il giudice dovrà procedere tenendo conto che tra i requisiti dell’ idoneità genitoriale rientra anche la capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali con l’altro genitore
6)il fine ultimo cui dovrà ispirarsi l’operato del giudice sarà quello della tutela del diritto del figlio alla bigenitorialità e alla crescita equilibrata e serena che trova consacrazione nella stessa Costituzione e nella Convenzione Europea sui diritti dell’uomo. (r.r.)