Ciascuno di noi può riportare danni anche gravi dalla morte o dalla macro-invalidazione di un proprio familiare.
Se l’evento è stato causato da un terzo (come, per esempio, può accadere nel caso di incidente stradale o nel caso di errore medico), è possibile chiedere e ottenere il risarcimento del danno subito, sia patrimoniale sia non patrimoniale.
Si parla di perdita del congiunto non soltanto nel caso più grave della morte prematura del familiare, ma anche nel caso in cui il congiunto rimanga invalido, e magari bisognoso di assistenza continua.
I danni che possono derivare dalla morte o dall’ invalidazione del congiunto possono essere di varia natura, e chi li subisce viene considerato, a sua volta, vittima diretta dell’accaduto.
I danni da perdita del congiunto
Si va dal danno patrimoniale, consistente in tutta una serie di voci (tra cui le spese per l’assistenza e cura dell’invalido, la contrazione dei redditi dovuta alla riduzione dell’impegno sul lavoro, e altresì la perdita di contributi economici al menàge familiare che provenivano dalla persona venuta a mancare o resa invalida) al danno biologico; questo è riscontrabile quando la perdita della persona cara abbia compromesso (di poco o di tanto) la salute fisio-psichica del familiare superstite.
E va aggiunto il danno morale, cioè il dolore, la sofferenza interiore determinata dal lutto e, in generale, dall’evento invalidante.
Spesso si verifica anche un’ ulteriore tipologia di danno, il cd. danno esistenziale, che si identifica con il peggioramento della qualità di vita: si pensi, per esempio, a tutte le rinunce imposte dalla necessità di assistere in via continuativa il familiare ridotto a vivere su una sedia a rotelle, come pure all’evitamento di attività abituali nello sport e nel tempo libero dovute allo stato d’animo provocato dal drammatico evento.
La Corte Suprema di Cassazione ha parlato, in proposito, di risarcimento per la “perdita della serenità familiare”.
Ogni situazione presenta particolarità sue proprie che devono essere analizzate in dettaglio e con il massimo scrupolo per formulare un’adeguata domanda di risarcimento.
Varietà di situazioni
Si consideri che i danni da perdita del congiunto costituiscono una grossa fetta del contenzioso pendente presso i vari tribunali italiani, e i giudici si sono occupati innumerevoli volte di questo genere di domande, con una casistica molto varia e composita.
Al di là dei casi più frequenti, costituti dall’incidente stradale e dalla colpa medica, il danno da perdita del congiunto può verificarsi anche nel caso di violenza sessuale, come nella vicenda storica decisa dal Tribunale di Agrigento nel giugno 2001: una giovane disabile psichica era rimasta vittima di una violenza sessuale da parte di un gruppo di coetanei, e conseguentemente aveva subito un ulteriore peggioramento della propria già labile condizione di salute mentale.
I genitori e la sorella, da quel tragico momento, non avevano più potuto lasciarla sola, dovendo fare a turno nel starle vicino ed assisterla continuamente: avevano pertanto dovuto rinunciare a parte dei propri impegni lavorativi, e anche i rapporti in famiglia si erano deteriorati, stante l’afflizione che pervadeva quella famiglia.
Viene considerato danno da perdita del congiunto anche il danno conseguente alla perdita del nascituro, o del feto, che dir si voglia, che può verificarsi – per esempio – a causa di un’aggressione o di violenza fisica o, anche qui, a causa di un errore del medico.
Un caso molto noto e deciso dalla Cassazione nel 2007 ha riguardato la perdita di un congiunto, morto a causa di un cancro ai polmoni. La vittima primaria aveva sviluppato il tumore dopo avere fumato per quarant’anni venti sigarette al giorno; la condanna al risarcimento è stata pronunciata a carico del Monopolio di Stato, reo di non avere adeguatamente e preventivamente informato la vittima dei rischi collegati al fumo.
Chi può chiedere il risarcimento
La domanda di risarcimento può essere avanzata da qualunque familiare: non importa il grado di parentela o di affinità; ciò che conta è che vi fosse tra vittima e congiunto superstite un rapporto di frequentazione e affettivo dotato di una certa significatività. E, dunque, tutto sommato, anche la persone separata o che si stava separando al momento dell’evento può chiedere di essere indennizzata. Occorre esaminare tutte le circostanze specifiche del caso.
E’ invece improbabile che la domanda venga accolta allorchè essa provenga da un parente che vive in America da decenni e che non aveva più contatti significativi con lo scomparso.
Al contrario, il risarcimento potrebbe essere accordato anche a chi non sia propriamente un congiunto, in considerazione del significativo rapporto di frequentazione che esisteva con la vittima primaria: si pensi al figlio di due coniugi separati che conviva stabilmente con il compagno della madre, e all’eventualità della morte di quest’ultimo.
Quanto verrà risarcito
Riguardo all’ammontare del risarcimento, una risposta valida in generale non è possibile, dato che ogni caso presenta particolarità sue proprie. Queste non incidono soltanto sull’accoglimento o meno della domanda, ma anche sull’ammontare dell’indennizzo.
Presso taluni tribunali vengono applicate tabelle di liquidazione per questo genere di danno che prevedono in modo standardizzato la liquidazione di somme fisse a seconda del grado di parentela: per esempio, tot euro per la perdita del fratello , tot euro per la perdita del coniuge, tot euro per la morte del genitore.
E’ ben comprensibile come tali prassi liquidative siano assai lontane dalla considerazione del pregiudizio effettivo sopportato da chi si è rivolto al giudice. Per tale motivo, gli avvocati più attenti mirano a scardinare siffatti sistemi liquidativi.
In queste delicate situazioni è molto importante l’assistenza di un professionista in grado di valutare la situazione e di individuare le modalità corrette per condurre e sostenere un’azione risarcitoria nel modo migliore e più vicino alle legittime aspettative della vittima.
Che cosa occorre provare
L’onere della prova, in questo settore della responsabilità civile, è in parte alleggerito, grazie alla possibilità di ricorrere alle presunzioni.
Come ha, infatti, chiarito più volte la Corte di Cassazione, è del tutto verosimile che chiunque risenta danno dalla perdita o dall’invalidazione del congiunto; è pertanto presumibile che si verifichino conseguenze pregiudizievoli in conseguenza della lesione subita dalla vittima primaria.
Spetterà, pertanto, al responsabile del danno dimostrare che, in realtà, quel danno non si è prodotto (perché – per esempio – la persona scomparsa era il coniuge con cui era in atto una separazione molto conflittuale, con forti e comprovati contrasti tra marito e moglie).
Prescrizione della domanda di risarcimento da perdita del congiunto
La domanda di risarcimento per perdita del familiare è soggetta in via generale al termine di prescrizione comunemente operante nel settore della responsabilità civile e dunque al termine di cinque anni dal verificarsi dell’evento. Qualora, però, l’evento sia ascrivibile a responsabilità medica, il termine è di dieci anni.