Novità in vista su collocamento paritetico, mantenimento diretto e assegnazione della casa familiare?
Pare proprio di sì, almeno presso il Tribunale di Bologna.
Sul finire del 2018, infatti, un giudice evidentemente innovativo ha recepito e, in un certo senso, anticipato l’organizzazione dei rapporti tra genitori e figli indicata nel Disegno di legge Pillon.
La novità, del tutto inattesa presso il Palazzo di Giustizia bolognese, dove fino ad oggi è invalsa una linea più tradizionale, è consistita nel prevedere, oltre all’immancabile (beninteso) affidamento condiviso:
– il collocamento presso il padre di due bambini di 10 e 6 anni d’età;
– l’assegnazione della casa familiare al padre;
– tempi di permanenza presso papà e mamma identici e alternati: una settimana ciascuno, da lunedì a domenica;
– mantenimento diretto dei figli da parte di ciascun genitore nel tempo di permanenza presso di sè;
– a carico del padre il 100% delle spese straordinarie, misura questa perequativa, volta cioè a compensare le spese che la madre dovrà sostenere per la propria nuova abitazione.
Sembrerebbe un caso di scuola, tanto questa decisione appare equilibrata e rispettosa del diritto dei minori alla bigenitorialità.
Come sempre, tuttavia, le decisioni vanno valutate calandole nel caso concreto, nelle caratteristiche e particolarità di esso.
In effetti, il giudice bolognese così ha fatto, offrendo oltretutto una motivazione ampia della propria decisione (si tratta precisamente della cd. ordinanza presidenziale, cioè della decisione provvisoria che il giudice della separazione prende nella primissima fase del processo, in modo da offrire ai diretti interessati le regole per impostare la vita futura in modo equilibrato, fino alla sentenza vera e propria).
Veniamo al caso deciso:
Lei: nella vita fa l’insegnante, reddito di circa 1.700,00 netti; non possiede immobili. Viene accusata dal marito di relazione extraconiugale che lei nega con forza.
Lui: lavora nell’azienda di famiglia, negli ultimi tre anni ha dichiarato un reddito di 5.000 euro annui. La società di cui egli è socio ha registrato, nel medesimo periodo, utili di oltre 50.000,00 euro. Di questi utili, l’uomo beneficia al 40% essendo socio per tale quota. Da qui – conclude il giudice – “fermo restando ogni ulteriore approfondimento nel prosieguo dell’istruttoria, può ritenersi, allo stato attuale, che la capacità reddituale delle parti sia sostanzialmente equivalente”.
La casa familiare è situata in un immobile della famiglia di lui, ove abitano anche i genitori di questi e la famiglia di un parente.
Come già detto sopra, l’abitazione familiare viene assegnata al marito e ciò per i seguenti motivi che si leggono nella decisione:
“Considerato che qui è pure la sede dell’attività familiare, e che le tre famiglie …vivono in quotidiano stretto contatto. Contatto di cui, da un lato, hanno sempre beneficiato gli stessi figli della coppia, avendo opportunità di condividere facilmente tempo e spazio con i nonni paterni e i cugini, ma che, dall’altro, ha costituito costante ed inevitabile occasione di interrelazione tra gli adulti, situazione che oggi, con la disgregazione della unità familiare dei coniugi, comporta il verosimile rischio di un acuirsi di significative tensioni (…) nell’ipotesi di perdurante coabitazione della sola odierna attrice in un contesto abitativo di così stretta commistione con la famiglia d’origine del marito; tensioni quotidiane che finirebbero inevitabilmente per esporre ad un inutile pregiudizio i minori, che al contrario, proprio in questo delicato periodo di adattamento alla perdita dell’unità familiare, necessitano di un clima quotidiano il più possibile sereno e disteso”.
Nonostante l’assegnazione della casa familiare al marito, il giudice ritiene che vada massimamente tutelato e valorizzato il diritto dei minori al mantenimento di un rapporto equilibrato e continuativo sia con il padre che con la madre e a trascorrere con ciascuno dei genitori tempi adeguati. Da qui la decisione di prevedere tempi paritetici, secondo quello che il giudice definisce “schema di alternanza del tutto paritaria“, stabilendo dunque l’alternanza dei bambini, di settimana in settimana, presso la casa familiare con il padre e presso quella che sarà la futura abitazione della madre.
Sulla base quindi di tale alternanza e della ritenuta sostanziale corrispondenza dei redditi tra i due genitori, il giudice prevede altresì il mantenimento diretto, fatta eccezione per le spese straordinarie, addossate per intero al padre, considerato che la moglie dovrà sostenere un onere economico per la propria nuova sistemazione abitativa.
Ecco dunque la novità.
Resta da capire se la nuova linea inaugurata dovrà considerarsi propria dell’intera sezione del tribunale di Bologna che si occupa di diritto di famiglia, o se essa sia l’espressione dell’orientamento del singolo giudice che ha emesso questo provvedimento.
Certo l’auspicio, per gli avvocati e in definitiva per le persone, è che si delinei una tendenza chiara ed univoca al riguardo; e che non sia tutto rimesso al caso, intendo dire al giudice al quale verrà assegnato quel determinato fascicolo.
E il rischio più grave è che in un primo momento – come nel caso considerato – vengano stabilite determinate regole nell’interesse dei bambini, mentre poi queste vengano ribaltate dal collegio in sede di decisione definitiva.
È pur vero che le regole stabilite con i provvedimenti provvisori, cioè all’inizio del procedimento, sono-come dice la parola-provvisorie, ma è anche vero che esse devono tendere a favorire la ricerca di un assetto di vita equilibrato soprattutto per i minori, evitando in futuro cambiamenti troppo radicali che potrebbero ovviamente nuocere al loro equilibrio e alla loro crescita serena.
Pensiamo a cosa potrebbe succedere nel caso in cui, nel caso esaminato, magari tra sei mesi o un anno un anno e mezzo, la sentenza definitiva modifichi l’alternanza prevedendo, per esempio, che i bambini debbano rimanere con la mamma nei tradizionali tempi prevalenti, con previsione del fine settimana alternato ed è un giorno infrasettimanale per il padre.
Certo, questa decisione verrà considerata più o meno favorevolmente, a seconda dei punti di vista. Tuttavia, una cosa è certa: le mamme non potranno più contare con fiducia cieca nell’applicazione del criterio della “maternal preference”, mentre i papà potranno domandare la collocazione dei figli presso di sè e con essa l’assegnazione della casa familiare, abbandonando l’idea che si tratti di utopia.
E così pure, il mantenimento diretto si avvia ad essere una realtà.
Come cantava Lucio Dalla:
“C’è una grossa novità.
L’anno vecchio è finito ormai ma qualcosa ancora qui non va …
l’anno che sta arrivando tra un anno passerà.
Io mi sto preparando
è questa la novità”.