L’assegno divorzile può essere sostituito dalla cosiddetta liquidazione una tantum.
Si tratta di una somma che viene corrisposta da un coniuge all’altro in unica soluzione ed una sola volta al momento del divorzio.
A fronte di ciò, il coniuge che riceve la somma rinuncia all’assegno divorzile.
C’è da chiedersi allora che cosa sia meglio, per l’un coniuge e per l’altro.
E’ meglio l’assegno divorzile o la liquidazione una tantum?
Come si fa per compiere la scelta giusta?
Questa domanda ovviamente trova risposta diversa a seconda che si consideri l’interesse dell’ex coniuge economicamente più forte o di quello più debole.
Prima di tutto tieni ben presente che il pagamento della somma una tantum vale soltanto nel divorzio e non nella separazione.
E ciò in quanto essa è prevista esclusivamente nella legge sul divorzio, precisamente dall’art.5.
In base a questo articolo, i coniugi possono concordare che l’assegno divorzile venga corrisposto in unica soluzione; e aggiunge che, in caso di pagamento della liquidazione una tantum, non può essere proposta alcuna successiva domanda di contenuto economico.
In altre parole, l’ex coniuge che riceve, al momento del divorzio, tale liquidazione dovrà rinunciare a richiedere in seguito l’assegno divorzile periodico. E, qualora dovesse richiederlo, l’assegno divorzile non gli verrà riconosciuto.
A quanto deve ammontare l’assegno divorzile una tantum?
Non ci sono0 regole rigide su questo. L’ammontare della liquidazione una tantum può essere stabilito liberamente tra le parti.
Come base di riferimento per il calcolo si può moltiplicare l’importo dell’assegno mensile di divorzio per la durata presumibile della vita residua del ricevente.
Prendiamo, per esempio, un assegno mensile di € 300 spettante ad una moglie che, per la sua età, possa avere una durata media di vita residua di 20 anni. In tal caso, si otterrebbe una liquidazione una tantum teorica di € 72.000.
Stabilita l’entità teorica dell’assegno una tantum, la sua determinazione concreta, nel singolo caso, è poi affidata alla trattativa tra i coniugi per due ragioni:
- perché è impossibile stabilire a priori per quanto tempo l’assegno di divorzio sarà dovuto. Questo dipenderà dalla durata della vita di ciascuno dei due ex coniugi e dall’eventuale mutamento delle rispettive condizioni di vita ed economiche
- perché la somma delle mensilità dovute per la durata di vita residua ipotizzabile porta quasi sempre ad importi molto alti. Pertanto, generalmente l’accordo si conclude su importi inferiori.
Detto questo, allora, come capire
a chi, tra i due coniugi, conviene proporre all’altro il pagamento di una somma unica?
Per semplificare le cose, ipotizziamo che l’assegno divorzile sia dovuto dall’ ex marito alla ex moglie, come avviene il più delle volte.
Consideriamo, a questo punto, che l’interesse dell’ ex marito è quello di liberarsi dall’obbligo di versare l’assegno divorzile. Ebbene, con la liquidazione una tantum, egli pagherà la somma concordata, dopodichè sarà libero per sempre da ogni obbligo economico verso la ex moglie (fatto salvo il diritto agli alimenti).
Già per questo solo motivo, dunque, l’assegno divorzile una tantum giova al marito, perché lo libera in modo tombale nei confronti della moglie.
Questo vantaggio potrebbe venir meno o ridursi allorquando l’ex moglie esiga un importo molto elevato a titolo di liquidazione una tantum e non si riesca a trovare un punto di incontro sull’ammontare.
E’ chiaro, infatti, che una cosa è pagare una somma in modo dilazionato nel corso degli anni, altra cosa è corrispondere una somma elevata in unica soluzione e in via anticipata.
Per l’ex moglie potrebbero essere valide entrambe le opzioni, cioè assegno mensile o pagamento unico.
Tuttavia, la liquidazione una tantum potrebbe non essere vantaggiosa per la ex moglie qualora la cifra offerta come liquidazione una tantum sia modesta o molto inferiore alla somma delle mensilità dovute per la vita residua ipotizzabile.
Se, per esempio, tale sommatoria desse 100.000,00 euro mentre l’importo offerto dall’ex marito come una tantum fosse 30.000,00 euro, sarebbe bene pensarci due volte prima di accettare!
Inoltre, va tenuto presente che nel caso di pagamento dell’assegno una tantum, il ricevente non avrà diritto alla pensione di reversibilità né alla quota del trattamento di fine rapporto che venisse liquidato all’ex coniuge.
D’altra parte, ricevere subito un importo unico terrebbe la moglie al riparo da cambiamenti successivi nelle condizioni economiche proprie o dell’ex marito che facciano venir meno il diritto all’assegno.
L’ex coniuge non potrà, infatti, esigere il rimborso della liquidazione una tantum già pagata.
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