Quando parliamo di assegno di mantenimento al coniuge separato e di assegno di divorzio il pensiero va subito alla moglie, visto che storicamente è la donna a percepire mediamente un reddito lavorativo più basso rispetto al marito.
Ovviamente, questo non avviene sempre poiché può verificarsi anche il caso contrario.
Qui parliamo dell’assegno di mantenimento. Per l’assegno di divorzio leggete questo articolo.
Quando spetta l’assegno di mantenimento al coniuge separato?
L’assegno di mantenimento può essere previsto soltanto quando marito e moglie si separano.
Possono essere i coniugi stessi a trovare un accordo anche sull’ ammontare dell’assegno.
In caso di contrasto, invece, sarà il giudice a decidere se il coniuge richiedente il mantenimento vi abbia diritto. In caso affermativo, sarà sempre il giudice della separazione a quantificare l’assegno.
Qualora la separazione si sia chiusa senza prevedere un assegno, il coniuge potrà ottenerlo in un momento successivo. A tal fine, il richiedente dovrà allegare un cambiamento delle condizioni economiche proprie o dell’altro o di entrambi.
L’assegno di mantenimento spetta quando il richiedente si trova in una condizione economica tale da non consentirgli di mantenere un tenore di vita corrispondente a quello della convivenza coniugale.
Cerchiamo di capire che cosa significa questo.
Un esempio
Moglie impiegata con uno stipendio mensile di euro 1200.
Marito dirigente d’azienda con uno stipendio mensile di euro 5000.
La differenza tra i due redditi da lavoro è notevole.
Tuttavia, questo non significa, di per sé, che la moglie riceverà l’assegno di mantenimento.
La legge, infatti, prevede che vadano confrontate le rispettive condizioni economiche complessivamente intese.
In altri termini, il confronto va fatto non soltanto tra le entrate lavorative. Occorre tenere conto di tutte le componenti del reddito di ciascuno, compreso il patrimonio.
Quindi, si dovrà andare a vedere se ciascuno dei coniugi possiede beni immobili, risparmi in denaro anche investiti, rendite, entrate derivanti da eredità.
Una volta raccolti questi dati, il giudice dovrà anche considerare quale sia stato il tenore di vita della famiglia.
Nell’esempio che abbiamo fatto il totale delle entrate dei due coniugi è pari ad euro 6200 mensili e ciò significa che la coppia poteva contare su una capacità di spesa di quell’importo.
Il giudice deve anche tenere conto del fatto che con la separazione si creano due economie domestiche.
Dunque, entrambi i coniugi diventeranno in un certo senso più poveri: ci saranno, infatti, da pagare doppie utenze, doppi servizi, due abitazioni e via dicendo.
Calcolare l’assegno di mantenimento non è una semplice operazione aritmetica
A questo punto il giudice deve stabilire l’ammontare del mantenimento eventualmente dovuto da uno dei coniugi in favore dell’altro.
A tal fine, il giudice non deve limitarsi ad una semplice operazione aritmetica: Egli deve cercare di stabilire l’ammontare dell’assegno in modo da garantire al coniuge che lo riceverà di avere tendenzialmente il tenore di vita goduto prima.
Ecco, la parola magica è “tendenzialmente”.
Essa significa che l’assegno non dovrà necessariamente garantire a chi lo riceverà una equiparazione assoluta con la condizione economica dell’altro coniuge.
Torniamo all’esempio di prima.
Abbiamo il reddito complessivo di 6200 € che diviso due fa 3100. Il giudice non dovrà limitarsi a calcolare la differenza tra 3100 e 1200 (l’ammontare del reddito mensile della moglie). Questa differenza fa 1900. Bene, il giudice non dovrà stabilire che alla moglie spettino 1900 euro. ma andrà a stabilire un ammontare probabilmente inferiore che valga comunque a tendenzialmente equiparare le due condizioni economiche.
L’ assegno di mantenimento al coniuge separato durerà vita natural durante?
No, l’assegno di mantenimento decade nei seguenti casi:
- quando i coniugi divorziano. In questo caso il coniuge che percepiva l’assegno di mantenimento potrebbe chiedere ed ottenere l’assegno divorzile, ma i presupposti sono diversi
- quando uno dei due muore
- quando le condizioni economiche del coniuge obbligato a versare l’assegno peggiorano in misura significativa (malattia che fa venire meno o limita la capacità di lavoro; licenziamento; demansionamento, fallimento, riduzione delle entrate della propria impresa, nuova famiglia da mantenere)
- quando le condizioni economiche del coniuge avente diritto migliorano sostanzialmente (progressione di carriera, mansioni superiori, nuovo lavoro più remunerativo, eredità di un familiare, liquidazione di un importo rilevante a titolo di risarcimento di un danno, etc.)
- quando il coniuge avente diritto conduce una convivenza more uxorio con il nuovo partner.
Non basta che questa convivenza sia appena iniziata. Deve trattarsi di una convivenza stabile e continuativa. Deve trattarsi, cioè, di una unione equiparabile al matrimonio. Non esiste un numero di mesi o di anni minimo per poter dire che la convivenza è stabile. La legge non lo dice. Il giudice deve considerare la situazione concreta.
Due partner che convivono con un figlio nato dalla loro relazione andranno certamente considerati conviventi stabili. Due partner che hanno messo su casa insieme da qualche mese non potranno dirsi ancora tali.
Perchè l’assegno di mantenimento per il coniuge separato decade nel caso di convivenza stabile con un’altra persona?
La ragione è stata indicata chiaramente dalla Corte di Cassazione, con una sentenza del 2018.
Chi forma una nuova famiglia sceglie liberamente di voltare pagina. E questo vale anche se la famiglia non è basata sul matrimonio. Si crea, quindi, una rottura vera e propria tra la nuova condizione di vita e quella preesistente. Il riflesso di questo cambiamento esistenziale è il venir meno del diritto al mantenimento.
Questo effetto, però, non è automatico. Infatti, il coniuge che riceve l’assegno può conservarlo se prova che la convivenza non incide sulle proprie condizioni economiche.
Qui di seguito il video sull’argomento pubblicato sul mio canale You Tube: