Alle nozze gay ci pensi il Parlamento

Scritto il 13 Maggio 2015 in Dc-Rapporti tra conviventi

È il succo della sentenza n. 2400 del 9 febbraio 2015 della Cassazione: alle nozze gay ci pensi il Parlamento.

La trascrizione delle nozze gay, come noto, è oggetto di un vivace dibattito culturale e politico che ha visto come indiscussi protagonisti, da una parte, il Sindaco di Roma Ignazio Marino e, dall’altra parte, il Ministro dell’Interno Angelino Alfano e il Prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro: dopo il sindaco di Bologna e il sindaco di Milano, infatti, anche a Roma – direttamente dal Campidoglio – era arrivato il via libera alle trascrizioni dei matrimoni contratti all’estero dalle coppie omosessuali.
L’entusiasmo evidentemente connesso a questo, seppur caduco, riconoscimento istituzionale è stato, però, quasi immediatamente spazzato via da q recentemente statuito dalla di Cassazione che lascia chiaramente intendere l’inefficacia giuridica, se non addirittura l’inesistenza, delle trascrizioni recentemente effettuate.

La Cassazione ha, dunque, respinto  il ricorso presentato da una coppia omosessuale che, avendo deciso di sposarsi, aveva chiesto e si era vista rifiutare dall’ufficiale di stato civile l’autorizzazione a procedere con le pubblicazioni di matrimonio.

E  il rigetto è stato spiegato con il fatto che  “nel nostro sistema giuridico di diritto positivo il matrimonio tra persone dello stesso sesso è inidoneo a produrre effetti perché non previsto tra le ipotesi legislative di unione coniugale”.

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La scelta di consentire o meno il matrimonio alle coppie omosessuali rientrerebbe  – si legge nella sentenza – nella discrezionalità del legislatore, non essendo previsto, a livello costituzionale, alcun obbligo di estendere l’istituto del matrimonio anche alle coppie dello stesso sesso. D’altronde – aggiungono ancora gli Ermellini – la stessa Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea non esclude che gli Stati membri estendano il modello matrimoniale anche alle persone dello stesso sesso, laddove però l’art. 8 della Costituzione, pur sancendo il diritto alla vita privata e familiare (tra cui rientra senz’altro il diritto a vivere una relazione affettiva tra persone dello stesso sesso protetta dall’ordinamento), non necessariamente prescrive che tale diritto si esplichi mediante l’opzione del matrimonio.

L’auspicio della Cassazione è quello, comunque, di un intervento tempestivo del Legislatore  al fine di elaborare (sulla scorta dell’art. 2 della Costituzione, che tutela il diritto della persona all vita sociale e affettiva) “un nucleo comune di diritti e doveri di assistenza e solidarietà propri delle relazioni affettive di coppia”.