Affido condiviso e trasferimento del figlio in altra città

affido condiviso e allontanamento del bambino
Scritto il 11 Febbraio 2022 in Divorzio e Separazione

Affido condiviso e trasferimento del figlio in altra città. E’ lecito?

Ovviamente è lecito il trasferimento del genitore che voglia appunto andare a vivere in una città diversa.
Ma i dubbi nascono e spesso anche i contrasti nascono quando il genitore collocatario vuole allontanarsi e portare con sè il figlio minore.

Il fenomeno è piuttosto diffuso, in una società oggigiorno abituata agli spostamenti.
Occorre partire da un principio fondamentale che è quello dell’ affidamento condiviso.
Affidamento condiviso significa che nessuno dei due genitori può decidere da solo, escludendo l’altro, sulle questioni più importanti della vita del figlio. Ora, non c’è dubbio che la decisione relativa al luogo di vita del figlio è una questione della massima importanza, che va, pertanto, concordata tra padre e madre.

 

Quali sono le possibili conseguenze dell’allontanamento arbitrario del bambino?

Detto questo, proviamo ad immaginare le conseguenze dell’allontanamento arbitrario del bambino.
La prima conseguenza negativa, la più grave, è che il bambino non potrà più vedere regolarmente l’altro genitore; i tempi insieme sono destinati a diminuire e così pure le abituali consuetudini di vita, comprese quelle legate alla scuola, ai compagni, alle maestre, al tempo libero.
Al contempo, si verifica, a danno del genitore non collocatario, l’impedimento a svolgere appieno il proprio ruolo genitoriale e a prendersi cura del figlio.

 

Cosa occorre per poter trasferire il figlio minore in un’altra città?

Chi intenda trasferire il figlio in un’altra città deve, pertanto, chiedere e ottenere il consenso dell’altro genitore.
In mancanza di tale consenso, l’interessato dovrà chiedere e ottenere l’autorizzazione del giudice al trasferimento.
E qui, ti prego di prestare la massima attenzione!
Il genitore, in quanto persona adulta, è sempre libero di trasferirsi a vivere altrove. Nessuno glielo potrà impedire, nemmeno il giudice.
Il giudice è, invece, tenuto a decidere se autorizzare o meno il trasferimento del minore, e dunque dovrà accertare se vi siano motivi seri e gravi per concedere detta autorizzazione, nell’esclusivo interesse di questi.

 

 

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Un caso pratico di affido condiviso e trasferimento in altra città non autorizzato dal giudice  

In una causa di separazione che ho seguito recentemente, una donna di nazionalità inglese, sposata ad un italiano, e con lui abitante in Italia, ha chiesto di poter trasferirsi a Londra portando con sé il bambino di appena due anni.
La donna ha spiegato di essere dirigente d’azienda, con un curriculum di tutto rispetto, ma di avere perduto il lavoro in Italia durante la pandemia, e di avere ricevuto una proposta professionale allettante da parte di un’azienda londinese.
A ciò si aggiungeva il fatto che i nonni del figlioletto vivono proprio a Londra e avrebbero potuto appoggiarla nell’accudimento del piccolo. Il padre ovviamente si è opposto e il giudice correttamente ha negato l’autorizzazione al trasferimento del bambino.
Questo perché la donna non ha dimostrato l’impossibilità di trovare un lavoro equivalente in Italia; e d’altra parte, il suo curriculum vitae rendeva improbabile che non avrebbe potuto trovare una posizione adeguata in Italia.
L’aspirazione della donna a svolgere una professione appagante era del tutto legittima ma essa non poteva prevalere sul diritto del minore ad avere vicino anche il proprio papà.

 

Quali potrebbero, essere, dunque, le ragioni valide per ottenere l’autorizzazione?

Il benestare del giudice può essere ottenuto quando la città di destinazione sia abbastanza vicina o dotata di collegamenti veloci.
Anche in tal caso, beninteso, il genitore che intende trasferirsi dovrà fornire valide ragioni a fondamento della propria domanda.
Un altro caso in cui, purtroppo, l’autorizzazione potrebbe essere concessa, è quello in cui il trasferimento del figlio sia già avvenuto da molto tempo. In tal caso, se  il genitore non collocatario non ha reagito tempestivamente, il minore si è probabilmente stabilizzato nel nuovo ambiente. Ritrasferirlo, in tal caso, potrebbe significare un ulteriore disagio, poiché il minore dovrebbe per la seconda volta adattarsi ad un nuovo contesto di vita.
Ecco perché ho detto “purtroppo”; perché, appunto, la situazione è nata dall’iniziativa arbitraria del genitore collocatario.

Il mio consiglio, allora, è quello di reagire legalmente ma in modo tempestivo, quando si verifica il rischio di un allontanamento del prorpio bambino su iniziativa non concordata dell’altro genitore.

 

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