Per proteggerti meglio figlia mia: di cosa parliamo?

Scritto il 13 Ottobre 2013 in Diritto di Famiglia

Ero stata invitata alla rappresentazione teatrale svoltasi ieri 11 ottobre a Bologna, dal titolo: “Per proteggerti meglio figlia mia” di Dacia Maraini.

Sul sito del Garante per l’Infanzia, l’evento veniva annunciato come occasione di dibattito tra operatori socio-sanitari, forze dell’ordine, magistratura e avvocati sul difficile tema del maltrattamento dei minori, e della gestione e prevenzione dell’allontanamento dalla famiglia.

Era ora -mi dico – non posso certo mancare, finalmente si comincia a parlarne, che sia l’inizio della fine? Mi accorgerò soltanto più tardi che la mia ingenuità è da Guinness dei primati.

Ed ecco il momento tanto atteso: luogo dell’evento Oratorio S. Rocco, pubblico prevalentemente (quasi esclusivamente) femminile, qualche magistrato, rappresentanti delle Istituzioni presenti, qualcuno di quelli preannunciati assente.
Un’ atmosfera di calda e festosa cordialità e amicizia riempie gli attimi che precedono l’inizio dello spettacolo. C’è anche l’autrice. L’attesa è fervida…
L’ allestimento scenografico è essenziale, scarno; la prosa è scabra e di una violenza crescente: l’incedere della violenza va di pari passo con gli stacchi musicali.

Il padre vedovo dapprima protegge in modo possessivo la propria bambina, poi la tiene relegata in casa, poi comincia ad usare la cinghia, poi la pistola.… E ad ogni micron di brutalità in più, il mio livello di inquietudine aumenta, e va di pari passo con il livello di ossequiosa approvazione manifestato dagli applausi in sala.
La storia in due parole: una bambina di nove anni vive sola con papà, dopo che la madre è morta. E questo padre drammaticamente premuroso, si fa giorno dopo giorno più ossessivo e follemente protettivo: fino a recludere la propria amata bambina, sino poi ad ucciderla.

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Ohibò, nel buio interrotto dalla luce fioca del palcoscenico, dubbi inquietanti mi affiorano alla mente: che anno è ? Perchè mai un salto così all’indietro nel tempo? Forse che tutti questi anni spesi per affermare la cultura dellabigenitorialità siano stati un sogno dal quale solo oggi mi risveglio? E poi subito un altro interrogativo: quale contributo al tema annunciato della prevenzione dell’allontanamento familiare? Che abbia sbagliato posto?

Finito l’edificante spettacolo, ecco il dibattito: qualcuno ricorda che proprio il giorno prima è stato approvato il decreto sul femmicinidio, sì, sul femminicidio (che parola difficile, le parole nuove ci vuole un pò per impararle).
Ma, non dovevamo parlare dei bambini, e di quelli che li allontanano dalla famiglia?
Ma, sì, qualcuno osserva che i bambini non appartengono a nessuno, non hanno nulla a che vedere con mamma e papà (sic!)
Il livello di attorcigliamento della giugulare è tale che devo intervenire, pena fare i conti poi con la mia coscienza. E, allora, mi rivolgo alla sig.a Dacia:

 

Signora Maraini, perchè è stato scelto un padre come autore di questa protezione abusante e follemente inadeguata? Vorrei chiederle, prima di fare un commento, se si potrebbe realisticamente fare una rappresentazione all’incontrario, dove cioè il papà è morto e la mamma si fa così follemente protettiva. Del resto, abbiamo dei casi eclatanti a livello giudiziario, no? (Non lo dico, ma penso e non posso non pensare al caso Franzoni).
Signora Maraini, questa mia è una provocazione.
Anch’io ho esordito qui in modo sbagliato ed anacronistico, perchè continuiamo a parlare di situazioni di genere, di violenza di genere. Io credo che proprio quando, come ora, esce un decreto sul femminicidio, ecco siamo nell’epoca più sbagliata per farlo; perchè ormai le questioni non devono più essere affrontate in questo modo…

Non è un caso se la riforma sull’affidamento condiviso, a quasi otto anni dalla sua approvazione, non è ancora attuata come dovrebbe essere, perchè l’idea della bigenitorialità non è ancora stata accettata.

Comunque, non si può negare che questa sia una rappresentazione che parla di violenza di genere. E dunque io credo che questa sia una rappresentazione anacronistica.
Poi, qui, nella storia, siamo di fronte ad una patologia, ma non possiamo confondere la patologia con la violenza di genere, con il padre abusante, il padre cattivo, il padre violento. Se c’è una malattia, che probabilmente in un caso come questo potrebbe essere derivata dalla perdita della moglie, bisogna intervenire per curare.
E, allora, è molto difficile che, al giorno d’oggi, una bambina di nove anni di cui si ha conoscenza (i servizi, la scuola) nessuno venga a sapere che si trova in certe condizioni e nessuno possa intervenire preventivamente. Ecco, io credo che, nell’epoca attuale, dobbiamo dare una lettura il più realistica ed oggettiva possibile degli eventi.
E allora io credo che dovremmo piuttosto parlare, e a tale proposito rivolgo un invito al nostro Garante, dovremmo parlare degli abusi, di quelle mala gestio, di quelle distorsioni applicative che vengono purtroppo perpetrate anche nel nostro ambiente giudiziario, dove abbiamo decreti emessi inaudita altera parte, senza prima ascoltare i genitori, che dispongono l’allontanamento dalla famiglia soltanto perchè operatori sociali o, peggio ancora, maestre scrivono che c’è qualcosa che non funziona; dopodichè questi provvedimenti provvisori vengono di fatto trasformati in provvedimenti a tempo indeterminato.
Allora, bisogna fare un salto culturale molto più alto di quello che Lei suggerisce con questa rappresentazione, che io credo – e mi perdoni – poteva andar bene negli anni ’70, ma non più oggi”.