Un provvedimento, questo del giudice tutelare di Modena, pienamente (potrebbe dirsi eccessivamente ?) rispettoso delle indicazioni provenienti dalla Cassazione. A venire qui in considerazione è il rifiuto e, anzi, l’opposizione manifestata dall’interessato a venire sottoposto ad amministrazione di sostegno. A prescindere dai motivi dell’opposizione (e non può escludersi, nonostante l’assenza di elementi valutativi al riguardo, che tale riluttanza sia originata proprio dalla condizione psichica del soggetto, quella stessa cioè che motiva e fonda il ricorso del Servizio Sociale) è qui in gioco, verosimilmente, una posizione di diritto soggettivo della persona da farsi rientrare nella categoria, pur generica e di difficile inquadramento, dei diritti fondamentali cui si riferisce la S.C.
Ecco, allora, l’invito rivolto dal g.t. all’interessato a munirsi di un difensore, e il corrispondente invito rivolto al servizio sociale ricorrente, dovendosi altresì rispettare, nella specie, l’equilibrio processuale tra le parti. Nessun dubbio che la scelta adottata (obbligatoria, tutto sommato) sia pienamente garantista; ma, altrettanto indubbio è il fatto che, in tal modo, le caratteristiche proprie di un procedimento di volontaria giurisdizione, qual è il procedimento istitutivo della nuova misura di protezione, rischiano di perdersi, con effetti non proprio favorevoli per l’amministrando.
Che dire, infatti, dell’eventualità che l’interessato/opponente si trovi in una condizione personale atta a giustificare (che, anzi, esige) l’attivazione dell’ Ads, la quale, d’altra parte, dovrà essere ritardata per consentire la ‘messa in opera’ della difesa tecnica e l’instaurazione del contraddittorio? E a doversi mettere in conto sono – senza troppi dubbi in proposito – una (probabilmente) lunga sequela di udienze e di rinvii, oltre al ben immaginabile ulteriore carico di lavoro per il giudice tutelare.
E c’è pure da scommettere che i Servizi sociali, per non correre il rischio, in futuro, di dover costituirsi nel procedimento a mezzo di difensore, ci pensino due (forse anche tre) volte prima di presentare un ricorso per apprestare al disabile la misura di protezione ! Difficile, non c’è che dire, la ricerca del giusto punto di equilibrio tra salvaguardia dei diritti fondamentali della persona; ma – ci chiediamo – rifiutare una misura di protezione, priva oltretutto di portata mortificatoria costituisce esercizio di un diritto fondamentale, allorché proprio quello strumento di protezione si renderebbe necessario e magari urgente per salvaguardare la persona stessa, sotto il profilo della cura o del patrimonio? E, ancora, non sarebbe forse più agevole procedere, comunque, alla nomina di un amministratore di sostegno provvisorio, salva la possibilità di revoca del medesimo all’esito della fase per così dire ‘contenziosa’ del procedimento?